IL PREMIO DI LIQUIDITA'[1]

 

SINTESI: 5.2.1.i.: Inquadramento storico dei profitti da capitale; 5.2.2.i: Inquadramento dell’alternativa visione di Gesell, anche in raffronto con quella di Marx; 5.2.3.i.: Le tesi geselliane; 5.2.4.i.: Impossibilità di concorrenza finanziaria; 5.2.5.i.: Come boicottare il capitale?; 5.2.6.i.: Riassunto e conclusioni.

 

5.2.1. INQUADRAMENTO STORICO DEI PROFITTI DA CAPITALE.

 

La classica interpretazione dei profitti di capitale, fornitaci dai ricercatori tanto borghesi che marxisti, tende a considerarli un fenomeno concomitante ed inseparabile dalla proprietà privata dei beni strumentali,

talché "chi rifiuti la comunione di beni e pretenda l’economia libera, con tale scelta deve anche definitivamente accettarli"- così dicono tutti coloro che se ne sono occupati con maggiore profondità;

ed analoga profondissima divisione, tra i due litiganti, esiste sotto il profilo della loro liceità, non certo agevolando una migliore comprensione della loro origine.

Tuttavia per i nullatenenti, i proletari, come per chiunque altro debba tirarli fuori, non fà molta differenza se ciò avvenga a causa d’una spoliazione violenta nonché gravissimo abuso contro il buon diritto, effettuati grazie alla superiorità economica - come dicono i socialisti,

oppure grazie alle virtù dei cittadini e come meritata ricompensa della loro disciplina, diligenza, parsimonia – come dicono gli economisti borghesi.

Ma irridendo la suddetta opinione, i marxisti - che hanno ricercato l’origine del profitto (plusvalore) nella fabbrica e, più precisamente, nella spoliazione dei mezzi di lavoro, imposta alla classe operaia - son convinti delle loro buone ragioni.

 

5.2.2. INQUADRAMENTO DELL’ALTERNATIVA VISIONE DI GESELL, ANCHE IN RAFFRONTO CON QUELLA DI MARX.

 

Dando un colpo al cerchio ed uno alla botte, io invece dimostrerò che i profitti di capitale nulla hanno a che vedere né con la proprietà dei mezzi di produzione

(dato che esistono anche là dove non ci sono – né ci saranno mai – proletari spossessati), ma ancor meno con parsimonia, disciplina, diligenza, industriosità.

Contraddicendo la marxista teoria del Capitale, dimostrerò come i profitti, scaturiti dalla più intima, ma antidiluviana, essenza di quel denaro, proveniente dai tempi dei Babilonesi, Greci e Romani, siano poi stati tutelati dalla consuetudine, quando non addirittura da una spiccata interferenza legislativa.

A tale proposito, le sue ricerche sul capitale, realmente richiamarono l’attenzione di Marx sul denaro[2]; però, al momento giusto e malgrado l’avviso di Proudhons[3],

accettando – come suo punto di partenza – quello degli ortodossi sostenitori del capitale, cioè trattando come perfettamente equivalenti il denaro e la merce[4], si trovò ad iniziare la danza col piede sbagliato.

Così, per questo sbaglio od equivoco sfortunato, messosi in partenza, sul binario falso, Marx perse completamente l’orientamento, non trovando assolutamente nulla da rimproverare al denaro,

apparsogli, in quella stessa sua forma - tramandataci dai vecchi babilonesi, dagli ebrei, dai greci e dai romani - un mezzo di scambio perfetto, irreprensibile, e che abbia sempre splendidamente adempiuto al suo compito.

Il fatto che, nel Medioevo, a causa della mancanza di denaro, tanto l’economia che la divisione del lavoro non avessero potuto svilupparsi, nonché che il commercio fosse stato annientato dalle disposizioni pontificie contro il saggio d’interesse

(che pure intendevano solo instaurare d’imperio quella perfetta equivalenza tra denaro e merce, poi presupposta anche da Marx),

tuttavia queste determinanti circostanze non riuscirono a smuovere Marx dalla sua iniziale convinzione che il denaro fosse un mezzo di scambio perfetto, un efficiente e poliedrico equivalente:

ma così, non riconoscendogli alcun speciale potere, Marx non poteva che non accorgersi di quello sfruttamento del consumatore attuato dalla cosiddetta Internazionale dell’oro, dalla Borsa e dall’usura.

Egli non s’avvede dell’aggiotaggio, che considera ‘Prellereien (tranelli)’e l’incettatore è solo un ladro di galline, un furbacchione sprovvisto di quell’invece tremendo potere coercitivo del denaro,

di quella disponibilità di forza bruta, di strumento di coercizione, - presupposti invece indispenabili dell’aggiottaggio, di cui son realmente provvisti il possessore di denaro ed i re della Borsa - e che invece Marx attribuisce in esclusiva ai proprietari dei beni strumentali.

Pur avendo rilevato anch’egli che “il denaro è merce indeperibile”, tuttavia denaro e merce sarebbero perfettamente equivalenti, in ogni momento ed in ogni luogo,

ed è perfettamente indifferente, se chi maneggia il denaro lo faccia per proprio autoconsumo o come commerciante, concludendo sibillinamente:

"La congruenza delle loro qualità naturali con le loro funzioni come mezzo di scambio dimostra che - benchè oro ed argento non esistano sotto forma di denaro in natura - è ormai naturale che il denaro sia d’oro e d’argento[5].

questo bambino certo non si ritrova dentro un angelo,
ma conservategli ugualmente la Vs. benevolenza[6]!”

Marx - con un simile Osanna! sull'oro ed il Gold-standard - ha completamente distolto sia l’attenzione dei ricercatori dal potere coercitivo del denaro sia il più che giustificato rancore, di nullatenenti e classe operaia, dagli aggiottatori, usurai, e farabutti[7],

legittimando la, non si sa più se grottesca od esilarante, sorpresa che attualmente ovunque, nel mondo, "il servizio di guardia davanti al tempio di Mammone[8] sia svolto dalla Guardia Rossa[9]!"

(mentre nei volantini e nella stampa socialdemocratica[10] è ormai un’abitudine non menzionare mai congiuntamente i termini capitale e denaro!)

Stupefatti prendiamo atto che Marx, in quell’attuazione dello scambio finale, da lui schematizzato G.-W.-G’.[11], non rilevi una netta negazione del principio di equivalenza, sostenuta fino al passaggio precedente,

e che solo altrove si preoccupi di risolvere questa contraddizione, ricorrendo ad una lunga catena di intermediari,

che – incominciando e finendo in fabbrica, nel suo complesso rappresenta l’apparato produttivo, con un imprenditore sfruttatore, però non quando commerci, ma solo al momento del pagamento del salario[12].

Ma per spiegare la contraddizione insita nella formula G.-W.-G.', io invece non dovrò ricorrere a quella lunga catena d’intermediari, perché al profitto semplicemente estrarrò la sua radice, sbattendogliela sul grugno, affinché tutti possano vederla.

E smascherando la coercizione - all’origine di qualunque forma di scambio merce contro denaro[13] - dimostrerò che, nella sua forma, tradizionale ed ereditata dai nostri padri,

il denaro è tutt’altro che un semplice equivalente, fino al punto che non può che apportare ad un tipo di scambio gravato da profitto,

ed infine che ogni popolo - pervenuto all’uso del denaro per favorire la divisione del lavoro e facilitare lo scambio delle merci – immancabilmente dovette rassegnarsi a quest’economia del profitto, cioè al capitalismo.

 

5.2.3. LE TESI GESELLIANE.

 

In ogni scambio merce contro denaro13, questo è in grado di manifestare un potere coercitivo che, dando origine al profitto lo manifesta come capitale, nonché fondato sulle seguenti prerogative:

Il denaro è condizione necessaria e determinante allo sviluppo della divisione del lavoro.

Grazie alle sue qualità naturali, il denaro tradizionale (sia monete che banconote) consente al suo possesore d’illimitatamente soprassedere nella trattativa senza sostanziali spese,

a completa differenza dei produttori di merci (assimilabili a classe operaia), continuamente angustiati sia dall’urgenza di scambiare i loro prodotti - per ricavarci quel denaro, con cui affrontare le loro scadenze –

sia da una perdita, continua e crescente, connessa alla conservazione-immagazzinamento della merce[14], ed esercitante quindi, su di loro, un’ulteriore coartazione a cedere.

A causa di questa caratteristica situazione di costrizione, potendo rimandare la transazione e – nel caso dei finanziatori - anche impedirla definitivamente, chi ha i soldi in mano è in grado di spuntare, dai possessori di merci, un premio speciale, un premio di liquidità,

che mai e poi mai gli spetterebbe né in un baratto né in un sistema economico che mettesse a disposizione denaro facile (nel senso di non pretenderci interesse sopra).

Il commerciante, provvisto inizialmente anche di poco capitale proprio, lo fà aumentare progressivamente grazie a questo periodico premio (profitto),

che annualmente ammonta - come deducibile da un’esperienza ormai millenaria - ad un 4-5% del suo volume d’affari[15],

e che, per motivi etici, dovrebbe essere mantenuto nettamente separato dai ricarichi commerciali destinati a spesare i costi sostenuti, il lavoro del commerciante ecc.ra., questi tutti pienamente leciti.

L’unico che non riesce ad infliggere costantemente questo premio di liquidità è il compratore finale, il cosiddetto consumatore,

talvolta inibito – nell’utilizzazione delle potenzialità insite nel possesso di denaro, cioè di sfruttare il bisogno di vendere del produttore - dal bisogno, urgente ed indifferibile, di comprare, appunto per il consumo suo e della sua famiglia;

mentre può tranquillamente avvantaggiarsene qualunque commerciante che disponga di denaro, chiunque mercanteggi, chiunque compri merci - potendo astenersene senza personalmente dover soffrire la fame -

in breve chiunque compri l’intiero carico di una nave di frumento, avendone invece, per le sue esigenze, bisogno di un solo sacco.

All’origine del commercio – ed anche se poi si finisce ugualmente col camparci sopra - non vi è un’effettiva necessità esistenziale (ed ancor meno una volontà di servizio), quanto una di acquistare al miglior prezzo possibile,

5.2.3.3.1.                per poi approfittare non solo di tutte le circostanze del mutevole mercato (congiuntura), ma anche d’ogni possibile vulnerabilità del venditore:

5.2.3.3.2.                La debolezza del venditore aumenta quanto più l’acquirente lo fà attendere, così esso ce lo costringe; generalmente il commerciante fà tutto il possibile per accrescere il disagio del venditore, sia produttore che artigiano,

5.2.3.3.3.                e quali e quante difficoltà non finiscon prima o poi per scaturire da una delle circostanze surricordate ai commi 5.2.3.1.2.!

5.2.3.3.4.                Pressato dalle sue personali necessità il consumatore non può soprassedere, ancorché il possesso del denaro glielo possa consentire; ma neanche il produttore può soprassedere eternamente, anche quando – come in molti casi - le sue necessità personali glielo consentano;

5.2.3.3.5.                ma quanto invece - pur di mettere regolarmente a disagio tanto il produttore che il consumatore - può aspettare un commerciante-proprietario di denaro, possessore dell’unico ed indispensabile mezzo di scambio, perché impugnandolo egli può controllare la situazione!

5.2.3.3.6.                ……..del resto si sa come, nel commercio sian propio le difficoltà di uno a rappresentare il profitto dell’altro!

Se produttori e consumatori si trovano nello stesso luogo e contemporaneamente, essi probabilmente potrebbero anche fare a meno del denaro, ricorrendo al baratto,

[16]e giusto in quest’ultimo caso noi, nelle nostre considerazioni, potremmo fare a meno di assolutamente tutto il denaro dell’utente finale;

ma in caso contrario l’intermediazione commerciale (e con essa i profitti di capitale) sarà non solo una comodità, ma propio una necessità, talché tutte le merci e tutto denaro finiranno per passare per le mani dei commercianti

ed é per tale ragione sono pressocché immodificabili le consuetudini della circolazione commerciale. (6)

A questo proposito io vorrei ora prima di tutto riportare una domanda fattami su quali accorgimenti possano essere utilizzati per arginare il peso dei profitti di capitale sull’intermediazione commerciale,

e faccio ciò in modo particolare perché questa risposta svela al meglio la loro vera natura; dunque mi si obbiettò:

“Quando il denaro ormai é capitale (G.W.G'.) e dato che esso ha indiscutibilmente il potere d’impedire lo scambio delle merci,

5.2.3.5.2.1.           perché poi il prelievo dei profitti di capitale non viene spinto fino a prelevare praticamente tutti i vantaggi, offertici sia dall’uso del denaro che dalla maggiore produttività della divisione del lavoro, rispetto all’economia patriarcale?”

5.2.3.5.2.2.           Questa domanda, legittimamente presentata é tuttavia iprocrita, equivalendo a quelle "perché i proprietari terrieri, nei confronti dei loro affittuari, non applicano un 'paga o muori'[17]?,

5.2.3.5.2.3.           o "perché gli azionisti del Canale di Suez non stabiliscono un pedaggio pari a quasi tutto il risparmio conseguibile rispetto alla circunnavigazione attorno al capo di Buona Speranza?”

5.2.3.5.2.4.            Ma la pretesa, avanzata dal denaro per il suo uso, segue considerazioni diverse da quelle prese in considerazione per l’affitto agrario e molto più vicine a quelle praticate, nel medioevo, dai baron-rapina.

5.2.3.5.2.5.           Anche a quei tempi il commerciante sapeva che - per raggiungere il centro abitato, prossimo alla fortezza del baron-rapina, utilizzando la strada che vi arrivava - avrebbe dovuto lasciarsi saccheggiare col dazio - e si trattava di una grossa fetta, dal 30 al 50%.

5.2.3.5.2.6.           Ma necessità era ragion suficiente ed il baron-rapina neanche era troppo esoso:

5.2.3.5.2.7.           perché sorvegliava la sua strada, la ripararava, aveva costruito i ponti, proteggeva il viandante da qualunque altro rapinatore, insomma proporzionava il dazio affinché fosse il minore dei mali ed il commerciante in futuro non lo evitasse.

Così, in modo del tutto simile, accade per il denaro, che ben sa che – non appena le sue pretese diventano esagerate - dovrà fare i conti con la concorrenza.

A dire il vero devo ancora dimostrare che per i finanziamenti non esiste una concorrenza vera e propria, ma lo farò nel seguito, perché la concorrenza di cui stiamo parlando, non si basa sul classico prestito di denaro, quanto sull’istaurazione di un diverso tipo di scambio-merci.

Poiché tre quarti dei suoi abitanti ancora oggi sbarcano il lunario malamente, arrangiandosi con l’economia patriarcale, tra poco sarà chiaro che la divisione del lavoro, nel mondo, potrebbe diventar ben più estesa di quanto non lo sia attualmente, perché la valuta aurea sarà pure una valuta mondiale ma che l’economia mondiale non può permettersi[18].

Perché? Da una parte perché sullo scambio dei beni i profitti di capitale inciderebbero troppo, costringendo talvolta solo gli operatori di certi settori a rinunciare alla divisione del lavoro, ma più spesso tutti, e così mantenendoli nell’economia patriarcale.

Nei confronti dell’economia patriarcale, lo stimolo al gran passo di spostarsi in quella mercantilistica viene talmente a dipendere dall’aumento di costi indotto dai profitti di capitale,

che, ad esempio, quando questi innalzano troppo il prezzo della carne, parecchi coltivatori-diretti tedeschi – invece di commercializzarlo - preferiscono dar il loro raccolto di patate da mangiare ai maiali, e poi macellare questi per il proprio consumo.

In questo modo, per avere meno bisogno di denaro, si produrranno meno merci per il mercato (nel caso succitato patate) e più beni per l’autoconsumo.

All’analisi, è solo questo infame premio di liquidità ad impedire a tutti questi produttori minimi – il cui numero, in Germania, è tutt’altro che da sottovalutare - il passaggio dall’economia primitiva a quella di mercato;

ed in modo analogo a questo contadino tedesco si comportano larghe masse popolari sia in Asia che in Africa.

Quando dunque i capitalisti per l’uso del loro denaro, impongono un costo inaccettabile, una certa parte di coloro - che stiano tuttora a cavaliere del confine tra le due succitate tecniche produttive - retrocede verso l’economia primitiva, senza decidersi a passare dall’altra parte.

5.2.3.7.1.                Pertanto un troppo elevato premio di liquidità, risospinge la produzione di merci verso l’economia primitiva, diminuendo l’offerta di merci e facendo salire i prezzi; e su questo fenomeno vorrei soffermarmi:

5.2.3.7.2.                perché – quando il premio di liquidità sale troppo - un identico risultato sulla domanda di denaro, cioè del mezzo di scambio, lo ottiene anche il vecchio baratto;

5.2.3.7.3.                il denaro deve la sua esistenza in assoluto solo alle difficoltà dello scambio; è stato pensato proprio per questo!

5.2.3.7.4.                Così quando esso pretenda troppo per i suoi servigi d’intermediazione, rimette in gioco e fa tornare in auge i sistemi di scambio concorrenti, con pieno successo in tutti quei casi in cui – come avviene in Asia ed Africa, gli operatori non siano divisi nè dal tempo nè dallo spazio.

Quanto più il premio di liquidità aggravi lo scambio-merci, tanto più l’ago della bilancia si sposta, dall’economia mercantilistica verso i sistemi di scambio concorrenti,

5.2.3.8.1.                perché lungo i loro sentieri le merci raggiungono il consumatore senza essere assoggettate a quel pizzo: in favore di chi esse dovrebbero essere pizzo-dipendenti[19]?

5.2.3.8.2.                E’cosi chiaro che, quando il denaro vuole subentrare nello scambio merci non può pretendere un premio di liquidità troppo elevato, tanto più quando non esistano troppi ostacoli nè di tempo nè di distanza tra il proprietario di merci ed il produttore[20].

5.2.3.8.3.                Solo in tal modo si può togliere al capitale la sua base esistenziale, cioè quella necessità di mezzi di scambio impersonata dalle merci,

5.2.3.8.4.                perchè tutte quelle barattate sono, per il capitale, perdute almeno quanto, per la ferrovia, è definitivamente perso il carico che lo zingaro ha sul suo carretto!

Per la nostra ricerca, non abbiamo bisogno di conoscere quale frazione della produzione mondiale oscilli in questo modo intorno al baratto, cioè come molte merci, a causa degli eccessivi oneri finanziari, siano estraniate all’economia di mercato;

ci basterà l’aver individuato un’entità concorrenziale del danaro in quell’antiquato baratto, la cui fetta di mercato sarà tanto più importante, quanto più elevato sia il premio di liquidità:

quanto più esso salga tante più merci retrocederanno dal commercio al baratto, facendo diminuire la richiesta di denaro e salire i prezzi, esattamente come con l’economia patriarcale; ed abbiamo finito anche con questo argomento.

Non appena le pretese del capitale diventino eccessive, con meccanismi analoghi a quelli dell’economia patriarcale e del baratto, interviene anche il D.C.V. (deposito in conto vendita, in pratica, la vendita a credito tra commercianti);

5.2.3.10.1.             e, dato che anche la merce che gli si affida viene scambiata senza premio di liquidità, qualunque eccesso di quest’ultimo lo stimola.

5.2.3.10.2.             Certo, il D.C.V. non è nè così comodo, nè così sicuro come il denaro, tanto da non poter, in, molti casi, riuscire a sostituirlo come è particolarmente evidenziabile

5.2.3.10.3.             quando il credito è gestito non dal produttore ma da una banca (factoring – in cui, al posto del costo del premio di liquidità, subentra quello del tasso di sconto).

5.2.3.10.4.             Ma spesso, soprattutto nella costituzione dei cosiddetti campionari del commercio all’ingrosso, il D.C.V. offre svantaggi minimi e ciò è sufficiente a farlo preferire, a fronte di qualunque importo del premio di liquidità.

Insomma il premio di liquidità agisce sul D.C.V. come l’incremento dei costi ferroviari sull’uso dei canali di navigazione: più sale, maggiore è lo stimolo ad introdurre accordi contrattuali tendenti a rinviare la consegna del denaro, com’è appunto il D.C.V.;

e simmetricamente, tutto ciò che incrementi artificialmente gli svantaggi del D.C.V. (nei confronti del pagamento contanti), rinforzerà anche la posizione del capitale, aumentando le sue pretese:

fu infatti la concorrenza del primo ad ottenere la riduzione intorno al 5% del saggio di sconto, che invece risalirebbe sicuramente verso il 6 %, qualora noi limitassimo il ricorso al D.C.V. con notizie allarmanti od imposizione fiscale.

Quanto maggiore infatti sia l’insicurezza del credito, o più alta la sua tassazione con marche da bollo, tanto più alto sarà il quantitativo di merci che prenderà la via del suo concorrente, il pagamento contanti, facendo così aumentare il premio di liquidità.

Talché, aumentando la tassazione della cambiale di un 1% al credito non succederà niente e solo la banca aumenterà il tasso dell’1%, rivalendosi sui suoi clienti;

ma se detta tassazione fosse invece del 5%, l’aumento potrebbe essere qualunque, venendo a dipendere da come la sicura reazione del mercato ridistribuirà il volume d’affari tra i tre succitati concorrenti del capitale, cioè il baratto, l’economia patriarcale ed il D.C.V.

[In quest’ordine d’idee, appare davvero sorprendente il comportamento di quello Stato che aumentasse il prelievo fiscale sul credito,

nella speranza d’aumentare i suoi incassi, senza valutare il contraccolpo che l’aumentato corso del saggio d’interresse imporrà ai suoi debiti [21].

Al contrario lo Stato, come Superdebitore, dovrebbe diminuire tale imposizione, per diminuire gli interessi sul suo debito, tanto - oltre a farne sentir meno il peso sulla popolazione -

quel po’che incasserebbe di meno dalle tasse sul credito, lo recupererebbe cento volte dai minori interessi sui suoi prestiti.

Per tale ragione, invece di una tassazione, sarebbe se mai da proporre un premio per il credito (non importa come, ci si penserà poi) usufruendone come d’uno strumento di sua regolazione,

in quanto aumentandolo se ne attirerebbe l’offerta, mentre diminuendolo la si frenerebbe.]

Dato che il volume di credito sembra effettivamente crescere al crescere del premio di liquidità, non sarà allora il maggior prelievo (ottenuto col saggio d’interesse sul credito) una specie d’indennità sostitutiva della perdita di profitti da premio di liquidità?

5.2.3.12.1.             Perché dove circola credito, là - ma in senso inverso - circola anche una corrispondente quantità di merci completamente perse per il premio di liquidità:

5.2.3.12.2.             il credito si é sostituito al denaro, facendo retrocedere la sua domanda ma contemporaneamente facendo salire i prezzi come se si fosse trattato di denaro circolante;

5.2.3.12.3.             per questo il volume di credito crescerà al crescere del premio di liquidità; e per il momento era necessario evidenziare solo questo.

Il denaro non è quindi dominatore incontrastato del mercato, dovendo fare i conti con concorrenti che fortunatamente gli impediscono d’innalzare le sue pretese a livelli di rapina.

Anche se si potrebbe obbiettare come, in molti casi e soprattutto nelle nostre attuali città, il denaro sia propio indispensabile, venendo richiesto come contropartita della transazione, sia nella maggior parte dei casi, che per la maggior parte della merce,

5.2.3.14.1.             senza venir sensibilmente contrastato né dal baratto né dall’economia primitiva, e in davvero molti casi neanche un D.C.V. esteso al 50% della merce riuscirebbe a sostituirlo,

5.2.3.14.2.             anche perchè il credito avviene tra mani oneste e fiduciose, non è adatto per le vendite al minuto e, restando legato ad una determinata legge, determinati tempi e luoghi, tutto ciò limita notevolmente il suo raggio d’azione;

5.2.3.14.3.             tuttavia si potrebbe esser sicuri che – in mancanza di questo surrogato del denaro e supponendo corretta la tesi secondo cui si corrisponde il premio di liquidità perchè esso può bloccare lo scambio delle merci – esso premio sarebbe stato davvero ben più alto di quanto in effetti sia.

Ma questa prima osservazione non deve farci dimenticare d’un altro dato di fatto, descritto nella quarta parte del testo, e cioè che un aumento generalizzato dei prezzi attira il denaro sul mercato,

5.2.3.15.1.             rappresentando, per qualunque possessore di contanti, una corrispondente occasione di perdita, evitabile solo trasformandolo in merci.

5.2.3.15.2.             Un simile evento, per il denaro tradizionale, rappresenta quindi una costrizione a mettersi in movimento analoga a quella generata dall’iceeuro, tendente a far ricadere sul prossimo l’inevitabile perdita.

5.2.3.15.3.             Noi possiamo quindi concludere che l’aumento del premio di liquidità, oltre un determinato limite, si risolve in uno stimolo al suo autoridimensionamento.

Mentre, dove ancora vige l’economia patriarcale, esattamente il contrario avviene in tutti quei casi in cui la diminuizione delle spese aggiuntive di commercio, fà scendere il premio di liquidità sotto un determinato limite

5.2.3.16.1.             e l’economia mercantilistica s’introduce la dove ci si arrabattava con il baratto:

5.2.3.16.2.             rapidamente retrocede il credito (con un saggio d’interesse intorno allo 0 % in genere esso sparisce), e quest’insieme di circostanze - cioè l’aumentata produzione di merci (a spese dell’economia patriarcale),

5.2.3.16.3.             unita alla conseguente loro maggiore offerta (a spese del baratto) ed offerta contro contante (a spese del volume di credito) - finirebbe con l’abbattere i prezzi, rendendo più difficile lo scambio delle merci;

5.2.3.16.4.             e le insorgenti difficoltà del produttore lo spingerebbero a nuovamente utilizzare finanziamenti più costosi.

Le contrastanti tendenze - messe in atto sia dal capitale che dall’azione correttiva dei suoi concorrenti sulla formazione del premio di liquidità - ottengono dunque, già di per sè, una sua regolazione, minimizzando la forchetta tra il suo valore minimo ed il massimo.

(La circostanza, che invece gli interessi di sconto subiscano forte oscillazioni, non prova niente contro l’asserzione da noi appena fatta, come noi dimostreremo nel seguito.)

 Il premio di liquidità quindi oscilla costantemente in un intervallo tra i suoi valori delimitanti l’inizio di condizioni critiche o favorevoli per credito, baratto ed economia primitiva;

ed anche se tutt’ora prevale la credenza che ciò avvenga per la concorrenza dei prestatori di denaro, questa è una balla: non c’è concorrenza tra i finanziatori, essa è semplicemente impossibile.

 

5.2.4. IMPOSSIBILITA’DI CONCORRENZA FINANZIARIA.

 

5.2.4.1.                    Perchè se – in un’economia con denaro aureo e che non abbia aumentato il suo PIL[22] - il denaro, di cui capitalista viene a disporre, è stato sottratto alla circolazione monetaria, allora, riprestandolo, non può che solo tamponare le falle che egli stesso ha in precedenza prodotto:

5.2.4.1.1.1.           ci sarà cioè - è vero – una certa offerta finanziaria, ma esattamente altrettanta richiesta che i detentori di contante avranno creato nella circolazione monetaria e tanto più denaro così reperito viene offerto, maggiore sarà il numero di queste falle[23].

5.2.4.1.1.1.           Pertanto, nelle descritte circostanze, a far rialzare il saggio d’interesse, provvederà quel bisogno di prestito insoddisfatto, esattamente corrispondente al denaro prestabile dal nostro capitalista

5.2.4.1.1.2.           e quindi, nel caso di questo accumulo di denaro esso non potrà certo fare nè una concorrenza vera e propria, nè un calmieramento del saggio d’interesse.

5.2.4.1.1.3.           E’un po’come se nel giorno di S. Martino[24], lo scambio delle aziende agricole tra due famiglie riuscisse ad influenzare il mercato delle locazioni: ma questo non può evidentemente succedere, finchè il loro numero resti uguale al numero di aspiranti conduttori;

5.2.4.1.1.4.           ed allora - come i traslochi non hanno mai influenzato le pigioni - per i prestiti, neanche il solo cambiamento del nome del debitore può introdurre concorrenza, perchè anche in tal caso si tratta semplicemente di un trasloco di denaro.

5.2.4.1.2.                Supponiamo invece, ora, che l’oro, offerto dal capitalista, sia nuovo, fresco fresco, appena arrivato dall’Alaska; ma anche solo la notizia, di questo arrivo di nuovo mezzo di pagamento, avrà certo fatto già corrispondentemente lievitare i prezzi,

costringendo ogni imprenditore bisognoso a proporzionalmente maggiorare le sue richieste, per poter affrontare questo aumento dei prezzi;

5.2.4.1.2.2.           conseguentemente, invece di 10.000 d.m., per costruire la stessa casa ora ci sarà bisogno di 11-12-15.000 d.m., e così neanche nel caso d’arrivo di denaro nuovo, aumenterà l’offerta di prestito,

5.2.4.1.2.3.           essendosi immediatamente venuto a creare un corrispondente fabbisogno nell’apparato produttivo, a causa del quale, nuovamente, non ci potranno essere ripercussioni favorevoli sul saggio d’interesse.

5.2.4.1.3.                E’invece possibile il contrario – e lo spiegheremo in seguito, ai commi XXX come, sorprendentemente, ad un aumento della circolazione monetaria (per ritrovamenti d’oro od emissione di cartamoneta) il saggio di interessi non solo possa non scendere, ma al contrario addirittura salire.

5.2.4.1.4.                In conclusione, finché non si aumenti il PIL e si batta moneta cartacea, una concorrenza tra prestatori di denaro, che possa ripercuotersi favorevolmente sul saggio d’interesse, non può esserci, è impossibile, ed in realtà, a limitare lo strapotere del denaro, esistono solo i tre succitati moschettieri: economia primitiva, baratto e D.C.V.-credito;

5.2.4.1.4.1.           l’incremento anche di uno solo di loro, comporterà, come conseguenza immediata uno spontaneo aumento generale dei prezzi delle merci (che richiamerà il possessore di denaro a più miti consigli),

5.2.4.1.4.2.           e come conseguenza secondaria (a breve scadenza) un incremento del saggio d’interesse, per la cui comprensione, rinvio ai commi 5.7.i.)

5.2.4.2.                    Tra due punti è possibile tracciare solo una retta, che è il percorso più corto e quindi certamente il più conveniente ed economico; così la strada più corta fra produttore e consumatore è certamente il denaro, e forse anche la più economica,

5.2.4.2.1.                perchè è vero che nell’economia patriarcale la merce va tutt’ora sul più diritto dei sentieri, dalla mano alla bocca, però la produzione è quantitativamente e qualitativamente inferiore rispetto a quella della divisione del lavoro;

5.2.4.2.2.                mentre le altre due strade (baratto, d.c.v.-credito), che possono portare le merci sino al consumatore, sono più lunghe e più costose:

5.2.4.2.2.1.           ne sia prova il fatto che si danno anche 105 d.m. di cambiali contro 100 contanti, dato che - se questi non consentissero un guadagno anche maggiore - quell’operatore sarebbe solo un pazzo-suicida.

5.2.4.2.3.                Però - e paradossalmente con l’approvazione della legge!chi muove il capitale può bloccare quella strada, più rapida e corta, consentendovi l’accesso solo e soltanto a chi gli assicuri un vantaggio, un pedaggio, per usufruirne; tuttavia:

se pretende troppo, invoglierà l’avviamento della merce sul sentiero più lungo;

se invece s’accontenta troppo (saggio d’interesse troppo basso), anche il denaro sarà troppo richiesto, cioè le merci invece di indirizzarsi anche verso il D.C.V.- credito od al baratto, si ingorgheranno sul denaro contante, la cui domanda, crescendo troppo, farà scendere i prezzi;

e sappiamo che questa situazione porta il denaro ad arroccarsi, sparendo dalla circolazione ed aumentando il saggio d’interesse fino ad un riinizio del ciclo.

5.2.4.3.                    Insomma, come un taxi [25] ottiene un compenso per il suo momentaneo uso, altrettanto il denaro ottiene gli interessi, da contabilizzarsi generalmente tra le spese aggiuntive del commercio e come tali considerati (è perfettamente indifferente che lo siano a danno del produttore o del consumatore.)

5.2.4.3.1.                Generalmente sembra che, per la sua superiore esperienza, il commerciante conosca anticipatamente il prezzo ottenibile dal consumatore per la merce;

5.2.4.3.1.1.           e, da esso, detrae le spese aggiuntive del commercio, la sua propria remunerazione (l’utile di commercio vero e proprio) e gli interessi, calcolati in base al tempo che, per la sua esperienza, intercorrerà sino alla vendita della merce:

5.2.4.3.1.2.           solo ciò che rimane rappresenta il compenso per il produttore della merce, il fornitore.

5.2.4.3.1.3.           Se, per esempio, a Berlino il prezzo di vendita al minuto di una scatola di sigari sia di dieci marchi, il produttore di sigari, a Monaco sa benissimo di poterne pretendere solo una parte, dovendo lasciarne un’altra al commerciante di Berlino,

5.2.4.3.1.4.           per consentirgli di pagare il costo del trasporto e la quota parte, proporzionale alla vendita, dei costi di pigione ed ammortamento arredi del negozio, e del suo lavoro;

5.2.4.3.1.5.           inoltre deve lasciargli anche un’altra percentuale, l’utile vero e proprio, perchè il commerciante certo non può fare tutto ciò per beneficenza!

5.2.4.4.                    Generalmente, in questo ciclo, il denaro necessario viene anticipato al commerciante dalle banche, ovviamente contro interessi, che costui dovrà corrispondere a scapito del margine di vendita ottenuto.

5.2.4.4.1.                Ma se i prezzi del momento non consentano ciò, si ricorre al D.C.V. che consente al commerciante d’aspettare la vendita, ma mettendo in sofferenza il produttore:

5.2.4.4.1.1.           talché, senza pagare al capitale una mazzetta od una sofferenza - rispettivamente a carico o del consumatore o del fabbricante – neanche un sigaro arriva dalla fabbrica al fumatore!

5.2.4.4.1.2.           ……..mentre, nel primo caso, il capitalista consente indifferentemente che gli si infili il denaro in tasca, porgendo la mano per far baciar l’anello mentre, per tutto ringraziamento, esclama “Tuo dovere!”!

5.2.4.5.                    Conseguentemente il premio di liquidità va a gravare, a peso morto, sulle spese aggiuntive di commercio, che invece, secondo l’economia classica, dovrebbero essere costituite da altri compensi di lavoro:

5.2.4.5.1.                tant’è vero che il corriere deve alimentare i cavalli, lubrificare gli assi del carro, caricare e scaricare, sudando e bestemmiando, ed è quindi più che giusto che debba esser pagato;

5.2.4.5.2.                che il commerciante sacrifica la sua vita nel negozio, paga la pigione, investe in arredi e fà i conti, vivendo stressato dall’insicurezza, quindi è giusto pagare anche lui; ma banchieri, finanziatori, che cazzo[26] fanno?!?!

5.2.4.5.3.                Come l’Abominevole tira giù la sbarra, chiude il confine e dice: la decima parte è mia!

5.2.4.5.4.                così il finanziatore s’erge nei pressi della cassaforte, bloccando lo scambio delle merci (che abbiamo visto consentito solo dalla disponibilità del denaro come mezzo di scambio), e, nè più nè meno del re, dice:

5.2.4.5.5.                il premio di liquidità è mio! ....... per introitare, sia l’Abominevole che il finanziatore fondamentalmente non sanno fare, né devono fare nient’altro che impedire!!!!

5.2.4.5.6.                Come il dazio al confine, il premio di liquidità non è che una mazzetta, con la differenza solo, che l’Abominevole con il dazio affronta anche spese pubbliche, mentre il finanziatore il premio di liquidità se lo cucca tutto lui!

5.2.4.5.7.                ……o, volendo esser benevoli, con il premio di liquidità potremmo pensare di star remunerando quella benemerita attività del capitalismo, che – per dimostrare la sua attiva partecipazione e solidarietà con i produttori – ha fatto rotolar macigni per bloccar la strada del commercio!!!

 

5.2.5. COME BOICOTTARE[27] IL CAPITALISMO?

 

5.2.5.1.                    Volendo duramente contrastare il capitale e ridurlo ai minimi termini, quale dei tre suoi concorrenti dovremmo scegliere e sponsorizzare?

5.2.5.1.1.                Poiché le vigenti associazioni a delinquere, come contromisura, si son affrettate ad introdurci sopra il saggio d’interesse attualmente ed in paesi dal commercio sviluppato, il più valido è senz’altro sostenere il credito economico, mentre ambedue gli altri sono ugualmente importanti per le nazioni meno sviluppate.

5.2.5.1.2.                Si pensi, per esempio, in una Germania ormai industriale, anche se con moneta cartacea ma senza credito, quali esose pretese potrebbe avanzare il denaro[28] prima che l’economia patriarcale ed il baratto potessero intervenire con forza sufficiente ad assicurare quell’aumento dei prezzi, necessario a far sbloccare il denaro!

5.2.5.1.3.                Sì, si potrebbe tranquillamente supporre, che senza il credito (includendovi le dilazioni, di qualunque tipo) il capitale sarebbe riuscito a tranquillamente appropriarsi dell’intiero vantaggio offertoci dalla divisione del lavoro,

5.2.5.1.4.                (situazione del resto già in precedenza tranquillamente manifestatasi nei tempi di produzione critica, quando cioé l’economia primitiva ed il baratto potevano sopperire alla disoccupazione non solo minimamente, ma anche senza la minima possibilità di ributtare indietro il capitale:

5.2.5.1.4.1.           infatti un proletario arcaico può rattoppare i suoi calzoni, ed ugualmente radersi e prepararsi i pasti; cuocere al forno il pane, magari insegnare ai suoi bambini,

5.2.5.1.4.2.           ed invece di andare a teatro, tra l’un crampo da fame e l’altro, scrivere e rappresentare lui stesso una commedia per la sua famiglia,

5.2.5.1.4.3.           ma non ha né modo nè mezzi per arginare il giro d’affari del suo nemico, come invece può fare il credito,

5.2.5.1.4.4.           cioè il più importante calmieratore del premio di liquidità (anche se non è propio così nei paesi sottosviluppati, in Asia e Africa, dove non può comparire con quello stesso protagonismo, ivi detenuto dall’economia primitiva e dal baratto.)

5.2.5.2.                    Che in tali paesi, come, del resto, ai tempi dei Romani od a quelli - anch’essi prevalentemente agricoli - della Regina Elisabetta I^ in Inghilterra, quando cioè la divisione del lavoro non fosse stata ancora adottata da tutta la popolazione,

5.2.5.2.1.                esso, invece, abbia rivestito i panni del calmieratore, è derivato dal fatto che, il saggio d’interesse era, all’incirca, come quello attuale (come viene evidenziato ai commi 5.8.3.3.i.).

5.2.5.2.2.                Questa importanza degli interessi reali è talmente notevole da farci ritenere che i tre infraprecisati calmieratori del premio di liquidità (economia primitiva, baratto e credito)

5.2.5.2.2.1.           sian talmente diversi, tra di loro, da poter e doverli adottare ed applicare alternativamente, in funzione dello stadio di sviluppo conseguito.

5.2.5.2.3.                Così, ad esempio, una divisione del lavoro già molto sviluppata e non più tendente ad ulteriormente espandersi, e la, da ciò conseguente, estromissione dell’economia primitiva e del baratto,

5.2.5.2.4.                produce, nel commercio, una nuova mentalità ed innovazioni legislative ed infrastrutturali mediante le quali il credito può bene insorgere e svilupparsi.

5.2.5.2.5.                Per esprimere la misura del risultato ottenuto sullo sviluppo del commercio - risultato secondo solo alla rete ferroviaria ma non credo ad altri - non vi può essere migliore unità di misura di quei trentasei miliardi di marchi di credito, attivati nel 1907 in Germania!

5.2.5.3.                    Ma, simmetricamente, là, dove lo stadio di sviluppo ancora non consente la sostituzione del denaro col credito, economia primitiva e baratto restano ancora i fedeli guardiani, che impediscono al denaro la pretesa di un eccessivo premio di liquidità.

 

5.2.6. RIASSUNTO E CONCLUSIONI.

 

5.2.6.1.                    Riassumiamo ora brevemente i contenuti di questo capitolo:

5.2.6.1.1.                Il premio di liquidità è il risultato di un certo tipo di capitale (denaro), a cui l’Abominevole consente di tranquillamente apporre ostacoli, sui sentieri commerciali,

5.2.6.1.1.1.           ovviamente di natura finanziaria e non diversi da quelli, di natura materiale, che venivano imposti dai baron-rapina, nel Medioevo, e, tuttora, ovviamente dall’Abominevole.

5.2.6.1.2.                Il premio di qualità influenza e dà origine al saggio d’interesse sugli investimenti e – finché non aumenti il PIL e non s’introduca la cartamoneta – non può essere calmierato da concorrenza tra i prestatori di denaro, dato che questa non si verifica;

[29](infatti nel mercato finanziario si possono permutare tanto i concedenti che i concessionari dei prestiti, senza con ciò dare origine a concorrenza calmieratrice,

essendo ovviamente del tutto indifferente se ad alzare la sbarra e riscuotere il pedaggio sia il controllore o sua moglie),

mentre invece - nel trasportare le merci al consumatore lungo un percorso diverso dal contante - efficaci e concorrenti davvero attivi si rivelano il credito economico ed il baratto,

che, unitamente all’economia primitiva (limitatamente ai paesi arretrati) son le uniche forme economiche, alternative e calmieratrici del premio di liquidità:

infatti tanto l’aumento dei prezzi, da essi provocato, che la possibilità, per le merci. di svignarsela lungo quei percorsi alternativi, stanano la giacenza monetaria inattiva, impedendole d’abusare eccessivamente del suo strapotere sulle merci.

[Qualcosa di simile a quello che accade per il salario dei lavoratori che ottengono anche solo dalla possibilità d’emigrare l’equiparazione del loro reddito a quello degli emigrati (vedi commi 1.13.1.i. )].

5.2.6.1.3.                Il premio di liquidità è ricavabile da qualunque contrattazione di denaro contro merce, ancorchè Marx negasse tale possibilità[30].

5.2.6.1.4.                Il premio di liquidità nulla ha a che vedere coll’esproprio dei beni strumentali, attuato contro i lavoratori,

essendo tranquillamente ottenibile anche in paesi comunisti che – pressati dalla mancanza di capitale e per favorirne la costituzione – si vedano costretti a conservare o consentire, in favore del risparmiatore, il cosiddetto premio d’astensione dal consumo:

infatti, qualora il produttore di merci non riconoscesse al commerciante capitalizzato – e cui il denaro consente di soprassedere nella trattativa senza nè perdite nè spese - quel premio di liquidità, da questi preteso,

costui, come sempre, si arroccherebbe, rinviando indefinitivamente l’acquisto e forzando il produttore attraverso il di lui immediato, progressivo ed irreparabile danno merceologico,

dato che qualunque merce (senza notevoli eccezioni) deperisce continuamente in quantità e qualità, oltre a gravare con un costo notevole per immagazzinaggio, custodia e manutenzione.

Questo tipo di profitto di capitale è ciò che noi intendiamo premio di liquidità'.[31]

 



[1] N.d.t  : 'Der Urzins' N.d.t. ; dato che in tedesco, il prefisso ‘Ur’ generalmente rimanda ai tempi arcaici, il neologismo geselliano andrebbe tradotto, letteralmente 'profitto arcaico' o quantomeno 'protoprofitto' ; il traduttore inglese ha tradotto ‘basic interest’, G. figlio (traduzione Spagnola)  'El intéres basico (puro)' cioè  ‘interesse di base (puro)’ che a me non solo sembra fuorviante, ma anche gli attribuisce un’ ‘allure’ di importanza, di ‘fondamentalismo’, che G. certo non intendeva assolutamente dargli, semmai calcando sulla sua arretratezza ; economicamente vedremo che tale neologismo corrisponde o al commercialmente cosiddetto 'sconto pronta cassa' od al keynesiano 'Premio di liquidità’ (vedi nota X al comma XXXX). Opto per quest' ultimo termine.

[2] Sebbene io, nelle argomentazioni seguenti, menzioni più volte i punti dolenti della teoria dei redditi di capitale di Marx, ciò avverrà, perché di tutte le teorie socialiste questa è l' unica sopravvissuta, quella che ha conservato una qualche validità sino alle lotte politiche odierne però avvelenandole qual fungo di fessura (*), come riconosciuto da entrambe le fazioni del partito socialdemocratico, che per innalzarla, tipo articolo di fede, solo sul proprio altare, ormai bombardano l' altrui con mine e granate ! (*)  N.d.t. : ‘fungo di fessura’, pur discreto micologo, anche se dilettante, non trovo il termine corrispondente in italiano ; potrebbe trattarsi di fungo velenoso che non cresca in Italia.

[3] N.d.t.: dopo rapporti iniziali amichevoli, i due grandi socialisti litigarono, proprio anche su questo punto ; a P. che aveva pubblicato (contro M.) “Filosofia della miseria”, M. rispose con un libello veramente insulso ed insensato “Miseria della Filosofia” che, quando lo lessi mi fece cadere molto la sua immagine ; da allora P. qualifico M. ‘tenia del socialismo’.

[4] "equivalenti" sono due merci che nella stessa transazione si compenserebbero esattamente, l' un l' altra, in modo che lo scambio avvenga senza profitto. Ciò avviene quando, per esempio, un usuraio, risparmiatore o speculatore si pongono il problema di fare incetta di una certa quantità di merce o di rimanere sul denaro ed ognuno  sia convinto che ciò sia indifferente per i suoi scopi, allora un marco d' oro e la quantità di quella merce per un marco sarebbero "equivalenti". Ma già, secondo Marx, non sussiste più equivalenza quando il risparmiatore o speculatore decide, che per i suoi scopi un marco d' oro è preferibile.  N.d.t. : Tanto per confondersi le idee si può confrontare il Capitale 1.1.1.3.

[5] N.d.t. : Marx, Il Capitale, Editori riuniti, 5^ Ed. 1964, 1.1.2. pag. 122 ; la mia traduzione si discosta non sensibilmente da quella di Cantimori.

[6] N.d.t. : il testo tedesco di G. porta le virgolette di chiusura dopo questa modesta poesiola, come se fosse una citazione di M. in prosecuzione di quella di cui alla nota 5 : ciò, peraltro, non avviene nella versione italiana da me citata ; ma poichè, in realtà, in quel punto de 'Il Capitale', M. si autocita, tanto che la citazione sarebbe stata anche rilevata da Galliani nel suo scritto 'Della moneta', non posso escludere che G. si sia rifatto al testo originale, presente in altro lavoro di M.

[7] N.d.t. : accusa pesantissima - ma purtroppo terribilmente vera ! - nei confronti di M., qualidicandolo, in definitiva, un ‘Narx-trafficante’ e rivoltando contro di lui quell' accusa di ‘oppio dei popoli’ che M., altrettanto con fondati motivi, aveva attribuita alla religione ; si veda, a questo proposito, il comma 0.1.3.1.3. e la nota 8 ivi.

[8] N.d.t. : Dio della ricchezza di Fenici e Punici, nominato anche nei Vangeli : Matteo, 6.24 "Non potete servire a Dio ed a Mammona".

[9] Vedi “Luogo libero”, 30/05/1918 – Bern – Bümplitz.     N.d.t. : per come è presentata dovrebbe trattarsi di una citazione di Marx, ma non mi ricordo di averla mai incontrata : comunque  non è che ho letto tutte le opere di M.

[10] N.d.t. : di cui a quel tempo facevano parte gli attuali comunisti

[11] N.d.t. : ‘in tedesco G.-W.-G’. con G’>G per incamerare il plusvalore, sia in M. che in Gesell acronimi di |'denaro-merce-denaro’| ; ma ho aggiustato (vedi anche nota 12) perché, trattandosi dello scambio finale commerciante-consumatore, è priva di senso la prima G. (denaro), che Marx riferisce al pagamento fatto alla catena dei grossisti. Nel Capitale non è per niente chiaro se - nel nastro trasportatore, tra produttore e consumatore, rappresentato, attualmente e generalmente da società di factoring del produttore - agente per la località - grossista - commerciante - dettagliante - M. abbia inteso sorprendentemente affermare che nei passaggi intermedi avvengano solo operazioni regolate dall' Equivalenza e solo nell' ultimo, quello dettagliante-consumatore, la formazione del plus-valore (Mehrwert), oppure se questo G' (valore+plusvalore) sia in realtà una sommatoria del valore iniziale e dei singoli plus-valori conseguiti in ognuno dei passaggi intermedi, che sicuramente, almeno ai nostri tempi, creano 'valore aggiunto' [altrimenti occorrerebbe negare il fondamentale principio fisico che l' entropia tende ad un massimo (cioè che nessun sistema, nel nostro caso l' operatore commerciale, per quanto elevato possa avere il suo rendimento, possa funzionare senza 'consumare' una parte di energia). I due casi possibili : a) nel concetto di equivalenza, Marx avrebbe incluso, insieme al valore della merce, anche il 'valore aggiunto' nel passaggio (costi commerciali+profitto dell' esecutore), affermando, in tal caso, che solo nell' ultimo passaggio, quello contro il consumatore e per la sua condizione di necessità, si riusciva a spuntare una specie di MAGGIOR equivalenza, talmente maggiore da non poter rientarre nel precedente concetto, ma da doverlo considerare formato da (equivalente+plusvalore) ; b) che G' dovesse essere semplicemente la sommatoria del valore iniziale e della serie di plusvalori, conseguiti in ogni singolo passaggio. Ma in tal caso verrebbe a totalmente decadere il principio marxista, più volte sostenuto nel Capitale, che solo contro il consumatore si possa sfruttare la sua vulnerabilità da bisogno, dato che invece profitto verrebbe conseguito (come poi avviene nella realtà dei casi) anche contro i commercianti che costituiscono gli anelli della catena, pur non essendo bisognosi di merce : questa è la contraddizione a cui più volte si riferisce Gesell.

[12] N.d.t. : vedi ‘Il Capitale 1.3.5. Ed. citata. pag. 218 e  pag. 219 : "Torniamo al nostro capitalista in spe. .........................Questi, mediante la compera della forza-lavoro, ha incorporato il lavoro stesso, come lievito vivo, ai morti elementi costitutivi del prodotto, che anch' essi gli appartengono’, nonchè i capitoli 23 e 24.

[13] N.d.t. : ancora ‘G.-W.-G’.’ nel testo tedesco, ma inspiegabilmente per quanto vien detto successivamente : ho corretto per la chiarezza del lettore.

13

[14] sicuramente, tutte le merci deperiscono, più o meno velocemente, ma tutto si guasta ( con irrilevanti eccezioni, tipo le pietre preziose, perle ed alcuni metalli nobili) ed anche il confezionamento può solo rallentare questo deperimento, ma non impedirlo. La ruggine, putrefazione, rottura, umidità, siccità, calore, freddo, vermi, mosche, coleotteri, termiti, tarme, fuoco ecc.ra. lavorano ininterrottamente alla distruzione delle merci. Se un gestore di emporio chiude, per un anno, la sua bottega, ai soliti costi della pigione, noli e tasse sicuramente dovrà aggiungere anche una perdita di un 10 o 20 %  del suo capitale per questi danneggiamenti. Invece  un possessore di denaro  semplicemente chiude a chiave il suo tesoro,  senza dover fare i conti con perdite ;  persino quel tesoro di oggetti d'oro, trovato nelle rovine di Troia, nulla aveva perso in peso e fu valutato 2790 marchi al kg. Contro tali argomentazioni vien citato ripetutamente il caso del vino, che con la conservazione aumenta di valore, apparentemente così costituendo un' eccezione  a quella regola generale, in base alla quale la conservazione avvenga sempre con perdita. Però, nel caso non solo del vino ma anche di alcuni altri beni, si tratta di semilavorati, quindi ancora non ultimati,  prodotti di natura che in quei casi non hanno ancora raggiunto la maturazione giusta per essere consumabili. Infatti, il succo d' uva appena torchiato ed imbottato è mosto, che lentamente e progressivamente si trasformerà in vino. Pertanto non la conservazione in sè e per sè, ma è questa maturazione, che il vino deve ancora compiere prima di esser merce pronta, che fà aumentare il suo valore, perché altrimenti questo dovrebbe continuare ad aumentare sempre, cosa che non si verifica oltre un certo limite. Ciò che riguarda la conservazione, anche in questo caso avviene invece con perdita, rappresentata dal costo del deposito, botti, bottiglie, cure pluriennali, imbottigliamento, rotture ecc.ra.

[15] Il giro d' affari commerciale è ciò, che rimane al commerciante dopo aver tolto, dagli incassi, l' interesse sul capitale da lui impiegato ; quindi, se lavora esclusivamente in D.C.V., il suo incasso è già il suo giro d' affari, mentre in tutti gli altri casi, egli deve apportare interessi al suo finanziatore, essendone, in pratica, solo l' esattore.

[16] N.d.t. : per esigenze di strutturazione anticipo la posizione di questo comma, che nel testo tedesco segue il comma 5.2.3.4.2.

[17] N.d.t. : ritorna ‘das Gesetz des ehernen Lohnes' vedi comma 1.3.1.2.6.n2

[18] N.d.t. : 'die weltwirtschaftlich betrachtet werden muß' = 'che dal punto di vista dell' economia mondiale deve essere riconsiderata."

[19] quando avviene il baratto di patate contro  pesci, ed ognuno abbia gravato le sue merci con un 10 %  di profitto, questi  si annullano reciprocamente. Come ciò avvenga, perchè sopra uno scambio non possa esserci  valore aggiunto per interessi, come nella  compravendita,  nessuno è riuscito a spiegarlo.

[20] Nel baratto non è tutto così difficile, come in generale si crede ed è stata spesso esagerata la difficoltà proveniente dal fatto che non sempre chi ha la merce - di cui necessito io - magari non abbia bisogno della mia, o quantomeno della quantità necessaria a consentire il mio scambio. In realtà questa difficoltà può spesso sparire grazie ad una particolarità commerciale : chi tutto compra può anche vendere tutto e quindi sempre accreditarmi ciò che mi serve. Se io gli porto una zanna d' elefante, col suo valore egli, nel suo emporio, mi apre un 'D.C.A.' (deposito in conto acquisto) e mi può non solo far scegliere tutte le merci, ma anche nelle esatte quantità,  di cui ho bisogno. Nelle colonie tedesche nel sud del Brasile, il commercio si svolge ancor oggi in questo  modo ed al colono tedesco serve denaro solo in via eccezionale.

[21] N.d.t. : Abominevole e porco Stato socialborghese, manica d’ incapaci grassatori fiscali : leggi, impara a memoria, pesa, incarta e porta a casa, ma soprattutto,e prima d' imporre l' ennesimo balzello, rifletti sull' infinito buon senso di questa provocatoria proposta di G.  !!!

[22] N.d.t. : ho dovuto introdurre questa precisazione, incredibilmente dimenticata da G. : in caso contrario come potrebbe poi sostenere la tendenza all’ azzeramento del saggio d’ interesse a seguito dell’ aumentato PIL ?!

[23] Nella celebre crisi, scoppiata all' improvviso negli Stati Uniti nel 1907, fu proprio Morgan a "rapidamente prestar  soccorso al governo" con 300 milioni di dollari d' oro. Da dove veniva tutto quest' oro ? Ovviamente quei soldi eran propio e completamente tutti  necessari perchè Morgan li aveva sottratti alla circolazione, preparando il terreno per il disastro ; poi, quando ormai la crisi aveva preso piede per la mancanza di liquidità e dopo essersi assicurato il ritorno di vistosi utili, il furfante, per patriottismo li offrì, magnanimo, al governo!

[24] N.d.t. : vedi comma 2.3.2.1.7.1.n12.

[25] N.d.t. : 'Mietskutsche' = 'carrozza a noleggio'.

[26] N.d.t. : sit venia verbis (*)........quando ce vo' ce vo' !! G. è ovviamente più diplomatico del suo traduttore !  (*) latino = sia scusata la parola.

[27] N.d.t. : il boicottaggio è un' azione di lotta economica, quindi democratica e non violenta, diretta a far rinsavire, a far modificare il comportamento altrui, minimizzandogli i profitti ; Gandhi lo attuò, vittoriosamente, contro le filande inglesi ; il nome viene da Charles BOYCOTT, un prepotente ed insolente agrario inglese degli inizi del 19° secolo, che fu dai suoi coloni e lavoratori riportato a più miti consigli appunto con simile lotta.

[28] Per migliore comprensione di quest' affermazione, rimando al libro di Schlusse: "I componenti dell' interesse lordo

".

[29] N.d.t. : esigenze di strutturazione mi obbligano ad anticipare i due commi che seguono e che, in tedesco, seguono il comma 5.2.6.1.2.3.

[30] N.d.t. : affermazione parzialmente inesatta : come abbiamo visto alla nota 10 in realtà non è ben chiaro se M. intendesse sostenere la possibilità di cattura del plusvalore solo e soltanto contro il consumatore ; in ogni caso comunque il particolare mi sembra trascurabile.

[31] la qualificazione di "tributo arcaico" (N.d.t. : vedi nota 1) per questo tipo di profitto (a differenza di quelli sui beni materiali, come le case ecc.ra.), è facilitata non appena si incominci ad abituarsi alle loro sostanziali differenze.