3.8. Come vien fisssato il potere d’acquisto dell’unità di conto monetaria.

 

SINTESI: 3.8.1.i: Erroneita’ della teoria del valore; 3.8.2.i: Distinguere la domanda di denaro dalla domanda di mezzo di scambio; 3.8.3.i.: Il prezzo.

 

3.8.1. ERRONEITA’ DELLA TEORIA DEL VALORE.

 

3.8.1.1.                    La teoria che il rapporto, tra i due quantitativi di lavoro necessari a produrle, determini poi anche quello delle merci che si scambiano tra di loro, cioè il cosiddetto valore relativo, sicuramente non è applicabile alla cartamoneta.

3.8.1.1.1.                Per la sua produzione essa infatti, o per meglio dire la sua unità di conto[1], richiede pochissimo lavoro: tuttavia – pur non avendo un pari valore intrinseco - ottiene un proprio prezzo, anche elevato.

3.8.1.1.2.                Eppure essa non è valore solidificato, nè costituita da materia prima di valore, nè ha valore intrinseco, né ulteriori tipi di valore, né può servire come contenitore del valore, né da valore in scatola, né da vettore del valore;

3.8.1.1.3.                non può essere nè sotto- nè sopra-valutata, nè il suo prezzo oscilla pendolarmente attorno ad un punto d’equilibrio: addio vecchie conclusioni della teoria del valore[2]!

 

3.8.2. DISTINGUERE LA DOMANDA FINANZIARIA DALLA DOMANDA DI MEZZO DI SCAMBIO

 

3.8.2.1.                    La cartamoneta serve totalmente sottomessa a quel solo padrone – dagli strani nome di legge della e doppio cognome di domanda ed offerta - che le ha fissato il prezzo:

3.8.2.1.1.                e volendo esaurientemente trattare il problema, noi dovremo preliminarmente conseguire una totale comprensione di tale nomenclatura.

3.8.2.2.                    Domandando oggi, in giro “la domanda di denaro........che cos'è?...... chi la crea? …..dove comanda? ……a che ubbidisce?” si ricevono quasi sempre risposte confuse ed anche ben contraddittorie, dimostranti che la gente non ha per niente le idee chiare:

3.8.2.2.1.                l’opinione pubblica infatti riterrebbe che generalmente s’affermi nelle banche, dove imprenditori e commercianti contrattano il pronto contro termine;

3.8.2.2.2.                e, al suo crescere, anche subito aumenterebbe il saggio d’interesse, con cui quindi si penserebbe opportuno misurarla.

3.8.2.2.3.                Sarebbe creata sia dallo Stato, che pareggerebbe il suo disavanzo annuo raccogliendo prestiti, ma anche da chiunque desideri ottenere denaro[3].

3.8.2.2.4.                La confusione vien creata dalla pessima abitudine di parlare impropriamente di bisogno di denaro anche per motivi finanziari;

3.8.2.2.4.1.           e, per tale ragione - sia per mantenere una doverosa distinzione che per evidenziare l’assurdità e l’imprecisione delle surriportate risposte - d’ora in poi qui useremo bisogno del mezzo di scambio, (perchè il denaro lo è istituzionalmente).

3.8.2.2.4.2.           Infatti il commerciante, che desidera ardentemente denaro, non ha bisogno di mezzo di scambio, tant’è vero che in scambio non propone merce e spesso neanche dà un pegno, a garanzia del rimborso;

3.8.2.2.4.3.           egli ha un bisogno finanziario e la banca dà solo denaro a termine contro denaro pronta consegna; conseguentemente non avviene nessun commercio, nessuno scambio e neanche si parla di prezzi, ma solo d’interessi.

3.8.2.2.4.4.           Neanche lo Stato, con i suoi prestiti, alimenta commerci, perché anche lui non offre merce in cambio, ma sempre il solito denaro a termine contro quello pronto.

3.8.2.2.4.5.           E’così definitivamente evidenziata l’assurdità del surriportato vissuto popolare, perchè quelle non sono affatto domande di mezzo di scambio, cioè domande finalizzate allo scopo istituzionale del denaro:

3.8.2.2.4.6.           si verifica quel caso quando e soltanto se uno dei contraenti offre, in permuta, un qualcosa diverso dal denaro (merce); ciò è stato già affermato più volte, ma val la pena di ricordarlo.

3.8.2.2.5.                Ma allora, dove possiamo incontrare tal nuovo concetto, dov’è che questa domanda di mezzo di scambio spadroneggia?

3.8.2.2.5.1.           Risposta corretta: là dove si necessiti di essa, cioè là dove la divisione del lavoro immetta sul mercato quelle merci che, per il loro mutuo scambiarsi, richiedono quell’intermediario, chiamato denaro.

3.8.2.2.5.2.            E chi l’alimenta? Chiunque che, come contadino, porti merce al mercato, come commerciante venda le sue merci, come operaio si proponga per un lavoro, desiderando ardentemente ottenerne in cambio.

3.8.2.2.5.3.           Essendo l’offerta di merci direttamente proporzionale alla sua domanda, ovunque ve ne sia grand’offerta - là la farà da padrone ed il suo crescere o decrescere sarà prontamente seguito a ruota da quello della merce,

3.8.2.2.5.4.           mentre, ovviamente, là, dove si esercitano economia primitiva e baratto, neanche vi sarà domanda di denaro.

3.8.2.3.                    Sia quindi chiaro che dobbiamo fare una netta distinzione fra il contadino che, come commerciante, propone al mercato tela artigianale, ed il commerciante, che, se anche vende tela, un’ora prima si è recato nella sua banca a contrattare un prestito.

3.8.2.3.1.                Con la sua tela artigianale in mano il primo alimenta la domanda di mezzo di scambio, cioè di denaro, al contrario del secondo che, nella sua banca, presentandosi non con merce ma con una cambiale, alimenta solo il saggio d’interesse:

3.8.2.3.1.1.           nella banca, insomma, la fà da padrone non certo la domanda di mezzo di scambio, quanto il bisogno d’ossigeno per asfissiati!

3.8.2.3.1.2.           E la domanda di mezzo di scambio propriamente detta non ha nulla a che vedere con quest’altro bisogno, caratteristico dei postulanti, dello Stato, del contadino vampirizzato,

3.8.2.3.1.3.           o anche di commercianti ed imprenditori che vogliono trasformare una cambiale in denaro; questa è certo domanda di denaro, ma non è detto che lo sia di merce:

3.8.2.3.1.4.           insomma, quando proviene da persone, la domanda di denaro resta ambigua; mentre, quando proviene da merce, la domanda di mezzo di scambio è invece inequivocabile.

3.8.2.3.1.5.           Il mendicante vuole un’elemosina, il commerciante vuole aumentare il suo giro d’affari, lo speculatore far fuori i suoi concorrenti, per rimanere il solo padrone del mercato, il contadino è stato consegnato all’usuraio da circostanze impreviste.

3.8.2.3.1.6.           Tutti questi hanno tutti un terribile bisogno di denaro, senza per questo alimentare la domanda del mezzo di scambio, perché questa non è prodotta dalle preoccupazioni delle persone, ma dalla produzione ed offerta delle merci.

3.8.2.3.1.7.           E, in quest’ordine d’idee commetterebbe un’improprietà chi, nella consueta locuzione, sostituisse 'domanda’con 'bisogno', dicendo 'bisogno ed offerta stabiliscono i prezzi’;

3.8.2.3.1.8.           tra il primo, misurato dal saggio d’interesse, e tra la seconda, misurata dai prezzi – grandezze queste incommensurabili - sussiste una differenza sostanziale, molto più grande di quanto si possa pensare: esse semplicemente non hanno assolutamente nulla in comune!

3.8.2.4.                    Chi, d’ora in poi, al concetto domanda di denaro non associ immediatamente merce; chi, a quello di colossale domanda di denaro non materializzi subito, dinnanzi ai propri occhi, un monte di merci, un mercato, un treno merci, un nave sovraccarica

3.8.2.4.1.                e magari anche gli eccessi di produzione ed i conseguenti licenziamenti di massa - non ha propio capito il senso di domanda di mezzo di scambio, alias di denaro;

3.8.2.4.2.                dimostrando di non aver ancora compreso che la divisione del lavoro produce merci che, per il loro scambio, necessitano di denaro almeno quanto il treno di carbon fossile.

3.8.2.4.3.                E simmetricamente, sentendo qualcuno affermare l’esistenza d’una crescente domanda di denaro, perché il tasso d’interesse è aumentato, si deve correttamente fargli notare che ha scambiato la causa con l’effetto.

3.8.2.4.4.                Nonchè, tutte le volte che si sente un economista (a suo dire preparato) confondere finanza e domanda di denaro, si ha il dovere di ricordargli di non confondere i termini.

3.8.2.5.                    Dopo aver sia separata totalmente la domanda di denaro dalla finanza (cioè da tutte le umane necessità, imprenditoriali, commerciali, mercantilistiche ecc.ra), sia disincagliatala dal porto delle nebbie del valore (dov’era finora impantanata),

3.8.2.5.1.                e dopo aver costruito un monte con quelle merci, apportate ininterrottamente al mercato dalla divisione del lavoro, piantiamoci sul vertice, troneggiante, accessibile, misurabile e visibile a tutti anche da lontano, un vistoso cartello, appunto 'DOMANDA DI DENARO'.

3.8.2.5.2.                Successivamente, facciamo la stessa cosa per la finanza, ma non con le merci, bensì con le cambiali, lettere di pegno, certificati di debito, obbligazioni, titoli di stato, polizze d’assicurazione ecc.ra collocandoci, con identica evidenza e visibilità: BISOGNO DI DENARO;

3.8.2.5.3.                ora infine, per ulteriormente chiarire le idee, su ogni cartello sottoponiamo anche il nome della variabile dipendente: sull’ultimo, il cartello 'tasso d’interesse', mentre sul primo 'prezzi'.

3.8.2.5.4.                E chi poi, sballottato dal flusso di questa ricerca, quando io alludo alla domanda di denaro, ancora la confonda colla finanza, sarà meglio che riponga questo libro che, evidentemente, non è stato scritto per lui!

 

3.8.3. IL PREZZO; ULTERIORI CONSIDERAZIONI SULL’ OFFERTA DI DENARO.

 

3.8.3.1.                    E’solo la legge della domanda e dell’offerta a stabilire il prezzo, cioè il rapporto, con cui si scambiano merce e denaro, consentendoci solo in quel momento di afferrarne la natura d’entità prodotta dal fiume di merci scaturito dalla divisione del lavoro.

3.8.3.2.                    E l’offerta di denaro? .....anche di questo concetto noi dobbiamo fornire altri paricolari, ed in modo particolare la causa, oltre ad estrarlo dalla foschia, in cui è momentaneamente avvolto.

3.8.3.2.1.                Se il contadino ha raccolto le patate ed il sarto cucito una gonna, se ognuno offre il prodotto del proprio lavoro contro denaro, perchè lo fà?

3.8.3.2.2.                Che hanno mai fatto 100.000 contadini ed artigiani con i talleri per cent’anni finitigli in mano? Ognuno di loro, non appena entratone in possesso offrì poi quel tallero contro merce, trasformandolo in bene di consumo che sparì dal mercato.

3.8.3.2.3.                Il tallero invece ci rimase, rotolando di mano in mano per 1 - 10 - 100 anni, e forse, ma sotto altro aspetto monetario, anche 1000 - 2000 - 3000 anni.

3.8.3.2.4.                Per tutti coloro, nelle cui mani finiva, fungeva sempre e solo come merce di scambio, tanto che fra magari 100.000 uomini non ce ne fu nessuno che lo utilizzasse diversamente:

3.8.3.2.5.                la praticamente esclusiva finalizzazione del tallero costringeva tutti a rifilarlo di nuovo contro merce, cioè a comprare; perchè chi ha molto denaro, ne deve offrir molto, chi poco poco,

3.8.3.2.6.                ma, insomma, ognuno offre tutto quello che ha, formando ciò che fu e viene chiamato tuttora offerta di denaro, del tutto coincidente con la domanda di merci e servizi.

3.8.3.2.7.                Dove c’è molta merce, vi è anche grande domanda di denaro; reciprocamente si può certo anche dire: dove c’è molto denaro, è saggio prevedere una domanda di merci ben maggiore, di dove ne circoli poco; (maggiori precisazioni a presto.)

3.8.3.3.                    Ci può essere una domanda di merci diversa da quella rappresentata dal denaro?

3.8.3.3.1.                Anche in tal caso, come in quello della domanda di denaro, dobbiamo fare una distinzione netta fra domanda e bisogno di merci.

3.8.3.3.2.                Perché bisogno di merci lo hanno molti bisognosi, esprimendolo generalmente con preghiere, istanze ed accattonaggio; domanda di merci è invece avanzata solo da chi offra denaro in cambio, buttando (ma a bella posta battendolo argentinamente) il tallero sul bancone.

3.8.3.3.2.1.           (Inoltre, davanti al bisogno, privo di denaro per l’acquisto, i commercianti generalmente tagliano la corda, invece riannodandola, di gran corsa, all’apparire della vera domanda!)

3.8.3.3.2.2.           In breve, la domanda di merci esiste solo accompagnata da offerta di denaro e sostenuta da chi ce l’ha, mentre chi non ce l’ha non può alimentarla (vedremo nel seguito le eccezioni che confermano la regola.)

3.8.3.3.2.3.           La domanda di merci, o brevemente ‘domanda’, avviene quindi sempre e solo contro denaro; e certo occorre un monte di denaro per una grande domanda di merci.

3.8.3.3.2.4.           Eppure non sempre ciò avviene, perchè il tesoro di guerra, custodito a Spandau e consistente in 180 milioni, avendo battuto moneta per moneta, in 40 anni, questo monte di denaro non ha comprato merci neanche per un marco! (Anche su queste eccezioni torneremo nel seguito.)

3.8.3.4.                    Come la scoperta di ogni nuova miniera d'oro significa crescente domanda di merci, altrettanto ognuno deve consapevolizzarsi che, quando lo Stato - nei paesi che le riconoscono - mette in circolazione nuove banconote, aumenta sia la domanda che i prezzi.

3.8.3.4.1.                Se ad ognuno fosse riconosciuto il diritto di tagliare a metà le banconote, buoni del tesoro e monete d’oro, quotando ogni metà per il pieno valore, allora la domanda ed anche i prezzi raddoppierebbero prontamente.

3.8.3.4.2.                 Fin qua è tutt’ovvio; ma, per l’offerta di denaro - come lo abbiamo fatto per l’offerta delle merci - potremmo sicuramente concludere affermando che chi abbia stabilito la quantità di denaro in circolazione, abbia stabilito anche la domanda di merce?

3.8.3.4.2.1.           In altre parole: potremmo noi talmente identificare l’offerta di denaro con la totalità di quello circolante da poter, per questa offerta (cioè per la domanda di merci) completamente prescindere dallo stato d’animo e dalle velleità del di lui proprietario?

3.8.3.4.2.2.           Non soggiacerà, invece, l’offerta di denaro, almeno in parte, agli umori del mercato ed all’avidità di lucro inprenditoriale;

3.8.3.4.2.3.           per dirla in breve, l’offerta di denaro sarà solo funzione del denaro circolante o verrà anche a dipendere da magheggi vari?

3.8.3.4.2.4.           E’semplicemente fondamentale l’importanza che ha questa domanda per la soluzione del nostro problema!

3.8.3.5.                    Ormai lo sappiamo già: la divisione del lavoro fornisce un ininterrotto e continuo flusso di merci, cioè l’offerta di merci o domanda di denaro, mentre la quantità di denaro fornisce la domanda di merci od offerta di danaro.

3.8.3.5.1.                Ora, finchè questa offerta di denaro permanga continua e dello stesso ordine di grandezza della sua quantità esistente, anche i prezzi delle merci, cioè il loro rapporto di scambio col denaro, rimarrebbero indipendenti da ogni condizionamento (magheggio) umano.

3.8.3.5.2.                Il denaro sarebbe la personificazione e ‘quintessenza’della domanda, come la merce la personificazione, ponderabile e prevalutabile, dell’offerta:

3.8.3.5.3.                e allora basterebbe conoscere il rapporto tra circolante e valore della produzione per intuire se i prezzi tendano a salire o scendere.

3.8.3.5.4.                Ma solo con la moneta di ghiaccio, descritta successivamente nella IV parte di questo libro si riuscirebbe ad ottenere ciò,

3.8.3.5.4.1.           tanto da, con essa, poter affermare che la quantità e la subitaneità d’impiego della moneta di ghiaccio impersonificherebbe una domanda completamente svincolata da tutti gli umori dei suoi possessori.

3.8.3.5.4.2.           Perchè la moneta di ghiaccio impone al suo proprietario, nel di lui interesse, un imperioso ordine d’acquisto;

3.8.3.5.4.3.           ed è per questo che, non appena applicatala, diventerà immediatamente prevedibile la grandezza della domanda, in quanto necessariamente uguale all’intiera quantità di denaro in circolazione,

3.8.3.5.4.4.           nè più nè meno come l’offerta di patate è pari all’intiera raccolta (al netto di semina) ed all’intiera tiratura giornaliera quella dei giornali.

3.8.3.6.                    Ma per il momento, con l’attuale denaro, nulla possiamo prevedere intorno alla suesposta domanda; talché, per definitivamente precisare il prezzo ottenibile per l’unità di conto dell’attuale cartamoneta, noi abbiamo bisogno d’ulteriori considerazioni.

 



[1] N.d.t.: come anche nel titolo, ed anche se G. non parla mai di unità di conto della cartamoneta, ho ritenuto necessaria questa precisazione, perchè in realtà, essendoci banconote di vari tagli, quello che è necessario fissare è proprio il valore di questa unità di conto (nel nostro caso il d.m.), da cui conseguirà algebricamente il valore di ogni taglio.

[2] In essa, a questo punto, sarebbe stato obbligatorio porsi la domanda sia perché il prezzo debba oscillare entro una forchetta di valori, aventi il 'VALORE’come punto d’equilibrio, sia perché forze così poderose da ottenere ciò, non lo siano poi abbastanza da provocare una fissazione univoca di questo prezzo=valore.

[3] N.d.t.: una circonlocuzione per tradurre 'Bettler', letteralmente 'mendicante'; ma malgrado il mio profondo disgusto per l’attuale Stato, non mi è sembrato il caso d’immischiarlo coi 'mendicanti’: voglio che sia ugualmente rispettato, non per quello che è, ma per quello che potrebbe e dovrebbe diventare!!