3.7. Come si può accertare il potere d’acquisto del denaro[1]?

 

SINTESI: 3.7.1.i: alcuni concetti ed i negativi risultati del Gold-standard; 3.7.2.i: Ipotesi di lavoro per misurare il potere d’acquisto del denaro.

 

 

3.7.1. ALCUNI CONCETTI ED I NEGATIVI RISULTATI DEL GOLD-STANDARD

 

 

3.7.1.1.                    Finché il potere d’acquisto del denaro rimane immutato, non può che esser rimasta immutata anche la sua contropartita ragionieristica, cioè la merce.

3.7.1.2.1.                Ma, quando non si verifica ciò, allora creditori o debitori sono eternamente insoddisfatti, reclamando i primi la riduzione, i secondi l’aumento dei prezzi, calmandosi solo quando gli si provi, nero su bianco, di stare sistemando le cose.

3.7.1.2.                    Tra i sostenitori del cosiddetto bimetallismo e quelli del Gold-standard, sorse subito un primo problema, cioè di decidere se l’introduzione di quest’ultimo avesse modificato il potere d’acquisto del denaro[2].

3.7.1.2.1.                (Ma, poichè entrambe le parti vedevano l’argomento attraverso le lenti deformanti di autentici miraggi come il cosiddetto valore, il valore intrinseco, il valore da materia prima, il valore contenuto ecc.ra,

3.7.1.2.2.                non fu possibile ottenere risposta sensata, dato che, da quelle pie illusioni, non si potevano ottenere documentazioni argomentate e fondate ma solo pagliacciate.)

3.7.1.3.                    Infatti quando i bimetallisti dimostrarono, documentandolo con una più che diligente indagine statistica, che l’introduzione del Gold-standard, aveva fatto diminuire i prezzi delle merci dal 10 al 50%;

3.7.1.3.1.                i campioni di quest’ultimo replicarono sia come ciò non fosse significativo - non dovendocisi basare sul livello dei prezzi ma piuttosto sul concetto di loro 'valore', come del resto erano già erroneamente propensi a credere i loro stessi avversari –

3.7.1.3.2.                sia che il prezzo delle merci probabilmente si era invece fortemente ridotto esclusivamente a causa dei miglioramenti della tecnica di produzione e della contrazione dei costi di trasporto[3].

3.7.1.3.3.                Comunque i sostenitori del bimetallismo, subito dopo aver sostanzialmente vinta la battaglia statistica, avrebbero potuto trionfare e gli sarebbe stato davvero facile farlo; ma si suicidarono da soli, lasciandosi impantanare nella palude della teoria del 'valore';

3.7.1.3.4.                (anche se i più determinati e superpersuasi rinnegatori di essa non ebbero certo difficoltà a provare come il Gold-standard – che con simile riduzione dei prezzi consentiva di tartassare i debitori, tra cui ovviamente lo Stato - fosse dichiaratamente un intrallazzo, un machiavello pro creditori).

 

 

3.7.2. IPOTESI DI LAVORO PER MISURARE IL POTERE D’ACQUISTO DEL DENARO.

 

 

3.7.2.1.                    Prescindendo dal fatto che si utilizzi il baratto, ma ricordando che il denaro è una merce come tutte le altre, è il quantitativo di merce B, a cui corrisponde l’unità di conto della merce A, la sola quantificazione possibile del potere d’acquisto del denaro.

3.7.2.1.1.                Esso quindi viene ad avere una moltitudine di valori di raffronto, non solo uno per ogni merce, ma anche uno per ogni sua qualità, termine e luogo di consegna,

3.7.2.1.2.                tanto che solo chi si legga completamente il catalogo ed il listino prezzi di un paese, saprebbe perfettamente quand’è l’ora di metter mano al portafoglio.

3.7.2.1.3.                Appare quindi ovvio che, desiderando accertare, se il potere d’acquisto sia cambiato, allora non si può fare un semplice paragone, tra i prezzi di ieri ed oggi di una sola merce, perché, in quel transitorio anche 10 milioni di merci differenti possono essere aumentati mentre altri milioni diminuiti.

3.7.2.1.4.                E’inoltre completamente diverso, se siano variati carbon fossile, frumento, ferro, o se aghi, canarini, bottoni. Ma facciamo un esempio a carettere familiare:

 

 

1

PAGAMENTI per:

2

1906,

 d.m.

3

1907,

 d.m.

4

Var.ne %

%

5

col. 3+11 % d.m.

6 (base 1907)

Var.ni indotte

dal ciclo prod.vo %

Una confezione di tabacco da pipa

1,00

1.10

+10%

 1,22

+20.0%

Un barattolo di lucido da scarpe

0.50

0.60

+20%

 0,67

+28.3%

Una dozzina di pennini d’acciaio

0.50

0.80

+60%

 0,89

+48.7%

Un cappello

3.00

2.50

-16.7%

 2,78

-8.8%

Un paio di stivali

4.00

3.00

-25%

 3,33

-22.3%

Un paio di calzoni

11.00

10.00

-9%

 11,11

+1.1%

T O T A L E (dove d.m., dove %)

20.00

18.00

-10%

 20,00

 

 

3.7.2.1.4.1.           Dunque una metà di queste sei merci differenti ha aumentato il prezzo, mentre l’altra lo ha diminuito; complessivamente il totale è diminuito di 2 marchi in valore assoluto o del 10% in percentuale.

3.7.2.1.4.2.           Dall’esempio surriportato, il compratore concluderà per un incremento del potere d’acquisto dell’11 %; infatti riceverà per il suo denaro mediamente un 11 % in più di merce rispetto al passato.

3.7.2.1.4.3.           Per stabilire ora le somme da impegnare per ottenere, mediamente, le stesse quantità di prima, non serve più ripartire dal precedente mutuo rapporto di scambio, ma basta scalare il prezzo precedente di un 11%;

3.7.2.1.4.4.           alternativamente, per conoscere quale quantità di merce si possa, mediamente, ottenere a parità di spesa, basta aumentare di un 11% la quantità precedente: infatti, entrambi tali rapporti, sono funzione solo di questo indice.

3.7.2.1.4.5.           Però, quando contemporaneamente il lucido da scarpe sale di prezzo mentre il paio di pantaloni scende, deve anche essere obbligatoriamente cambiato almeno uno dei due costi di produzione:

3.7.2.1.4.6.           Infatti solo un’uniforme variazione del prezzo di ogni articolo è attribuibile al mutato potere d’acquisto della moneta, agendo esso proporzionalmente e, su tutti gli articoli, con lo stesso valore (indice);

3.7.2.1.4.7.           corretto allora attribuire la eventuale differenza a cambiamenti del costo di produzione (vedi colonna 6)[4].

3.7.2.1.4.8.            Per valutare quest’ultimi, per i suddetti 6 tipi di merce, usiamo uno dei due anni come base di raffronto, per esempio il 1907, andando a ricalcolare, per il 1906, quale sarebbe dovuto essere il valore dell’articolo - in carenza di aumenti di costi indotti dal ciclo di produzione - spalmando cioè sui valori 1907 la percentuale media di ribasso predeterminata (cioè 11%).

3.7.2.1.4.9.           Noi otterremo in definitiva i valori in azzurro nella precedente tabella e, sottraendo da ognuno di essi il corrispondente valore reale 1906 e poi dividendo per il valore reale dell’anno 1907,

3.7.2.1.4.10.        otterremo (colonna 6) la variazione percentuale – a base 1907 - indotta, sui prezzi, dal mutare dei costi di produzione tra il 1906 ed il 1907: ad esempio, per il tabacco da pipa: (1.22-1.00)/1.1 = +20%.

3.7.2.1.4.11.        Concluderemo allora la nostra piccola indagine familiare stimando l’opportunità di immettere un po’più di denaro in circolazione, per far riguadagnare ai prezzi questo 11% medio che hanno perso.

3.7.2.2.                    Il procedimento seguito, nell’esempio, appare metodologicamente corretto, ma il risultato è estremamente impreciso, neanche da considerarsi indicativo, causa la ristrettezza del campione adoperato.

3.7.2.2.1.                E poi, passando dal bilancio familiare a quello nazionale, poiché ora si ha a che fare con miliardi su miliardi, poiché dal potere d’acquisto viene a dipendere rispettivamente benessere e malessere per i creditori ed i debitori, bisogna procedere coi piedi di piombo:

3.7.2.2.2.                indubbiamente noi non dovremmo limitare l’osservazione a soli sei articoli, ma estenderla possibilmente a tutte le merci;

3.7.2.2.3.                inoltre il procedimento, per fornire un risultato attendibile e scientificamente incontestabile, dovrebbe preliminarmente estraniare i dati abnormi, altrimenti le lagnanze di creditori e debitori sarebbero senza fine.

3.7.2.3.                    Davanti alla terrificante difficoltà di statisticizzare - per confrontarne i prezzi - ufficialmente e secondo la loro importanza, milioni e milioni di merci, dei più svariati tipi, qualità e luoghi di produzione,

3.7.2.3.1.                si è proposto di limitarsi ai prezzi di un determinato numero di merci, cioè dei più importanti articoli quotati in borsa e valutare la relativa importanza di queste merci in base al volume d’affari (quantità prodotta x prezzo ottenuto) da loro occupato nelle contrattazioni.

3.7.2.3.2.                Così sono realizzati gli indici di Jevon, Sauerbeck, Soetbeer [5], salvo altri, e per facilitare la comprensione della straordinaria importanza, di simili ricerche, per l’economia nazionale,

3.7.2.3.3.                faccio seguire un prospetto-quadro, evidenziando, che le cifre, del tutto campate per aria, hanno, ovviamente, solo una pretesa esemplificativa!

 

MATERIALE

1 8 6 0

1 8 8 0

1 9 0 0

 

PREZZO

QUANT.

 P x Q

PREZZO

QUANT.

 P x Q

PREZZO

QUANT.

 P x Q

LANA

1.00

100

100

0.80

90

72

0.70

40

28

ZUCCHERO

1.00

20

20

0.9

90

81

0.80

110

88

LINO

1.00

70

70

1.10

40

44

1.20

10

12

COTONE

1.00

20

20

0.90

40

36

0.80

60

48

LEGNO

1.00

150

150

1.20

100

120

1.30

80

104

FERRO

1.00

50

50

0.80

100

80

0.70

130

91

CEREALI

1.00

400

400

0.80

300

240

0.75

260

195

CARNE

1.00

150

150

1.20

200

240

1.40

260

364

INDACO

1.00

30

30

0.80

5

4

0.75

1

(1)

PETROLIO

1.00

10

10

1.10

35

38

1.20

49

58

TOTALE

 

1000

1000

 

1000

955

 

1000

989

 

3.7.2.3.3.1.           Interpretazione dei dati: questo prospetto evidenzia come il prezzo medio dei sunnominati 10 tipi merceologici sia cambiato da 1000 d.m. nell’anno 1860 a 955 nell’anno 1880, per risalire a 989 nell’anno 1900.

3.7.2.3.3.2.           Per essere comparabili, le 'quantità’(seconde colonne delle tre suddivisioni) devono esser certamente rapportate sempre allo stesso valore, per non falsare i risultati (ciò è gia stato fatto nella tabella solo per l’anno 1860).

3.7.2.3.3.3.           Infatti, non conta la grandezza assoluta di questa cifra in sè e per sè, ma solo quella relativa al loro rapporto col totale:

3.7.2.3.3.4.           quando noi, per esempio, rapportiamo tutte tali cifre allo stesso valore (sopra è stato 1000), il risultato finale resterebbe sempre lo stesso ed anche immutato il rapporto dei numeri 1000-955-989.

3.7.2.3.3.5.           La cifra della prima colonna della prima suddivisione temporale (1860) è sempre un marco perchè si è scelto il 1860 come anno base;

3.7.2.3.3.6.           poichè in quell’anno, con un marco si ottenevano 220 g. di lana, 1530 g. di zucchero, 197 g. di lino ecc.ra, i prezzi della prima colonna della seconda (1880) e terza (1900) suddivisione temporale esprimono il valore, in marchi di analogo (220g) quantitativo di lana, zucchero (1530 g.), lino (197 g.) ecc.ra.

3.7.2.3.3.7.           Per possibilmente sintetizzare in quest’unica panoramica, tutte le difficoltà insite in questo procedimento di rilevazione dei prezzi, io ho scelto i tipi merceologici in modo d’affiancarne uno, di rilevante importanza nell’economia nazionale, con un altro di scarsa; così, per esempio lana e zucchero.

3.7.2.3.3.8.           (L’allevamento di pecore tedesco è negli ultimi decenni costantemente in recessione, e la lana, per l’economia nazionale tedesca, non ha più la stessa importanza di 40 anni fà, quando le variazioni del prezzo della lana di pecora si ripercuotevano su uno smisurato gregge e sulla redditività di grandi estensioni utilizzate come pascolo.

3.7.2.3.3.9.           Al contrario, oggi l’ovinicultura tedesca a malapena s’inserisce ancora nel mercato della lana, però con una produzione praticamente più che dimezzata, dato che 99 su 100 contadini tedeschi hanno abbandonato questo settore; esso ormai interessa solo i grossisti di lana, i tessitori e commercianti di tessuto.

3.7.2.3.3.10.        Perciò ora, poichè nel suddetto rilevamento il dato storico avrebbe un peso sproporzionato sia alla sua importanza che alle quantità attuali, e noi dovremo intervenire con un coefficiente correttivo, per farlo retrocedere dalla sua importanza, reale solo nel passato:

3.7.2.3.3.11.        è per tale ragione che abbiamo progressivamente ridotto il coefficiente da 100 a 40, passando per 90.)

3.7.2.3.3.12.        Similmente – ma in senso opposto - dovremo operare con lo zucchero, perchè la produzione di zucchero tedesca è, invece, costantemente in forte rialzo, dal 1860 in poi, non solo in valore assoluto, ma anche in quello relativo con gli altri settori.

3.7.2.3.3.13.        Molti pascoli ovini sono stati riciclati a barbabietole, numerosi contadini, enormi estensioni terriere, fabbriche, ed approvvigionamenti sono interessati al prezzo dello zucchero, e, conseguentemnete, nel succitato prospetto lo zucchero è stato gratificato con coefficienti crescenti.

3.7.2.3.3.14.        E qualcosa di perfettamente analogo succede con le sottoelencate coppie di materiali: lino e cotone, legno e ferro, cereali e carne, indaco ed anilina.

3.7.2.4.                    Non ci può essere alcun dubbio, che, presupponendo:

3.7.2.4.1.                la completezza di un simile metodo,

3.7.2.4.2.                la correttezza del rilevamento dei prezzi,

3.7.2.4.3.                la correttezza del calcolo del coefficente d’importanza relativa di ogni singola merce,

3.7.2.4.4.                 il risultato diventerebbe irreprensibile.

3.7.2.5.                    Ma, per conseguire le dovute completezza e giustezza, si devono ancora attuare molti accorgimenti, perchè non solo ci son milioni di merci differenti, ma anche di ognuna innumerevoli tipi e mercati differenti.

3.7.2.5.1.                Ad esempio si dia un’occhiata al listino dei prezzi delle sole fabbriche di articoli fotografici, alimentari, di ferramenta, e si troveranno migliaia di articoli su ognuna.

3.7.2.5.2.                E come si potrebbe ufficialmente tener conto di così tanti prezzi, anche in considerazione che, inoltre molte fabbriche - a seconda del cliente, del quantitativo e del tipo di pagamento - hanno fin’anche sei listini diversi: come prezzo medio si dovrà prendere il listino verde o quello bianco?

3.7.2.5.3.                Però, dato che, per guadagnare in precisione, non c’è nessun altro sistema più semplice, necessità è ragion sufficiente per accontentarsi di un risultato approssimato, prendendo, invece di tutte le merci, solo 100, 200 o 500 fra gli articoli di listino statisticamente più importanti.

3.7.2.6.                    Quando poi questo lavoro sia stato fatto svolgere da tutte le differenti Camere di Commercio e si prenda la media di questi rilevamenti, allora almeno sotto il punto di vista dell’imparzialità verso debitori e creditori, non ci dovrebbe essere troppo da obbiettare.

3.7.2.6.1.                In ogni caso devesi rinunziare ad una precisione assoluta, perché:

3.7.2.6.1.1.           con l’impiego d’intermediari ed in forma ufficiale, i prezzi delle merci non si lasciano indagare agevolmente;

3.7.2.6.1.2.            l’accertamento dell’importanza relativa delle diverse merci è questione opinabile e complicata.

3.7.2.6.1.3.           Ma son forse queste ragioni per abbandonare qualunque tentativo di misurazione del potere d’acquisto del denaro? Neanche il pane è misurato con il chilogrammo-campione, nè tantomeno il sarto si serve di quel metro-campione, entrambi conservati a Parigi!

3.7.2.6.2.                (Tanto, quando non si tratta di pesare diamanti od oro, un piccolo errore di misura è ininfluente anche per il compratore, che dà il suo assenso per l’uso di quel metraccio di legno.)

3.7.2.7.                    Questo rilevamento del potere d’acquisto del denaro, anche se carente in alcuni dati, non sarebbe pur sempre preferibile, all’aria fritta sventolata dal presidente dell’Imperial Banca?

3.7.2.7.1.                Abbiamo forse oggi dati più precisi sul potere d’acquisto del denaro tedesco? Ma se non nè abbiamo nessuno ..... veniamo trattati quasi come se noi si possa digerire qualunque osservazione o asserzione personale, senza dimostrazione e senza prova!

3.7.2.7.2.                Anche se non troppo precisa, a paragone di quest’attuale cieca ignoranza, in cui siamo oggi tenuti, sia quindi la benvenuta una tabellazione del potere d’acquisto del denaro, tanto per la sua possibilità d’utilizzazione immediata, quanto per le conclusioni estrapolabili.

3.7.2.7.3.                Dovremmo forse rinunziarci solo perchè essa apporterebbe alcune sgradite sorprese e notevole imbarazzo ai molti adoratori del Gold-standard? Ma quando mai, nel suo interrogatorio, il giudice istruttore si preoccupa dell’imbarazzo del ladro?

3.7.2.7.4.                Nel buio pesto di una notte, respingeremo noi forse una candela perchè di sego? Ad una fede cieca, non preferiremo noi forse un’accettazione ragionevolmente documentata da una ricerca scientifica?

3.7.2.7.5.                Da 40 anni siamo stati liquidati con l’asserzione che la valuta tedesca abbia sempre conseguito ottime performances (anche se son 40 anni che ne aspettiamo la prova!)

3.7.2.7.6.                Mentre un rilevamento dei prezzi effettuato col suddetto procedimento ci avrebbe dato un punto di riferimento, confermando la correttezza di quell’asserzione (?); allora perché, a tutt’oggi, non se ne son visti?

3.7.2.7.7.                Risposta: perché si temeva la chiarezza che una simile informazione avrebbe gettato sulle nostre questioni valutarie ............. chi sia stato sempre viziato dalle pastoie e ristretto dai binari della consuetudine, poi teme le innovazioni scientifiche![6]

3.7.2.8.                    E’davvero demoralizzante osservare:

3.7.2.8.1.                come gli stessi uomini, abituati a chiudere ambedue gli occhi sui disastri del vecchio sistema valutario - quando il discorso finisce sulla cartamoneta e sulla sua ben superiore controllabilità - improvvisamente invece corrono a tiran fuori il microscopio!

3.7.2.8.2.                come in tal caso essi aumentino le loro pretese di precisione ben al di là del ragionevolmente necessario,

3.7.2.8.3.                come - amplificando irrazionalmente i loro dubbi sul suindicato sistema di rilevazione e di come esso sia dipendente, impreciso, inaffidabile, quando non addirittura indimostrabile[7] -

3.7.2.8.4.                pretendano di far passare sotto silenzio inoppugnabili dati di fatto, cioè come il Goldstandard consenta ai prezzi - talvolta in brevissimo tempo - voli o cadute anche del 30%.

3.7.2.8.5.                Una simile pignoleria - come anche quelle altre pretese malevole ed esagerate - diventa lecita ed anzi auspicabile non se strumentalizzata a rifiutare un accertamento comunque positivo, ma a migliorarlo,

3.7.2.8.6.                per consentire di definitivamente valutare, se le oscillazioni dei prezzi abbiano apportato benessere/malessere rispettivamente al creditore/debitore,

3.7.2.8.7.                se il giro d’affari annuo dell’esercente sia - e quanto lo sia - influenzato da questi sbalzi, se insomma con il loro reddito operai, funzionari, pensionati, possano comprare più o meno merci.

3.7.2.9.                    Pertanto, per progredire nell’eliminazione degli errori, sarebbe solo necessaria una legge con cui tutti i produttori di merce, (agricoltori, fabbricanti) siano obbligati a comunicare - alle infraprecisate autorità, cioè al Borgomastro, all’Associazione di categoria od alle Camere di Commercio - la quantità di merci da loro prodotte unitamente con i prezzi ottenuti.

3.7.2.9.1.                A cura di queste autorità, tutte le singole dichiarazioni verrebbero riassunte e comunicate ad un Posto di Raccolta centralizzato ; ciò darà, in definitiva, origine al prospetto seguente:

nr. prog.

Unit.

Mis.

Quantità

DESCRIZIONE ARTICOLO

PREZZO

d.m.

VALORE PROD.NE d.m.

1

Q.

5.000

Cereali

35

175.000

2

Q.

20.000

Patate

5

100.000

3

Lt.

10.000

Latte bovino

0.30

3.000

4

mc.

600

Legna da ardere

40

24.000

5

Milioni

5

Mattoni argilla

0.018

90.000

6

Nr.

200

Pecore

120

24.000

7

Dozzine

500

Cappelli di paglia

30

15.000

PRODUZIONE ANNUA TOTALE del COMUNE XY d.m.

431.000

 

3.7.2.9.2.                Nel Centro di Raccolta si addizionano i dati comunali, per arrivare a quelli regionali ed infine a quelli nazionali, i cui dati sono appunto quelli da cui calcolare ogni successiva variazione.

3.7.2.9.3.                Successivamente avviene, in definitiva, che ogni serie di prezzi rilevati in ogni nuova raccolta-dati vengono elaborati con lo stesso sistema dell’esempio succitato ed il nuovo indice definisce quanto mediamente e globalmente sia cambiata di prezzo la produzione totale delle merci.

3.7.2.9.4.                I prezzi devono quindi esser rilevati tutte le volte che si stabilisce l’effettuazione del rilevamento, mentre le quantità prodotte possono esserlo anche solo una volta l’anno e per quelle d’importazione ci si baserà sui registri doganali.

3.7.2.9.5.                Tuttavia, poiché anche le quantità prodotte sono sottoposte ad oscillazioni come i prezzi delle merci, in tal caso il dato raccolto in base al nuovo rilevamento (il cosiddetto 'indice') non può essere subito confrontato con il rilevamento precedente;

3.7.2.9.6.                ma, per ottenere grandezze confrontabili, si dovrà elaborare questo nuovo dato di quantità in base ai prezzi della precedente rilevazione oltre che con i nuovi; e solo queste due ultime cifre ora saranno confrontabili.

3.7.2.9.7.                In questo procedimento le giacenze dei commercianti non vengono considerate, essendo comprese nella produzione precedente e potendosi a buon diritto supporre che gli scarti, forniti dal rilevamento dei prezzi di produzione, possano essere similmente applicati anche nel caso del commerrcio.

3.7.2.9.8.                Sembrerebbe un inutile appesantimento sia il rilevamento anche dei prezzi delle giacenze che quello dei salari, l’incidenza di quest’ultimi essendo inclusa nel valore delle merci.

3.7.2.9.9.                In prima approssimazione si può, inoltre, anche ammettere che quando non mutino i prezzi di produzione, non sia mutato neanche il costo della vita; che quindi gli operai, funzionari, redditieri, pensionati, possano, con il loro denaro comprare stesse quantità di merci.

3.7.2.9.10.             (Gli affitti e quant’altro consista essenzialmente di reddito da capitale come i mezzi di produzione tipo terra, case macchinari ecc.ra, possono non essere presi in considerazione, non trattandosi più di merce, ma di beni di consumo, che quindi non partecipano all’interscambio).

3.7.2.9.11.             Per ciò che non sia stato ancora venduto, il prezzo è da considerarsi immutato.

3.7.2.9.12.             Differentemente invece occorre trattare quella parte dei mezzi di produzione, non ancora ammortizzati (residuo attivo nell’inventario) che potrebbero ritrasformarsi in merce e ritornare sul mercato: essa, nel succitato rilevamento, dovrà trovare un’opportuna valutazione.

3.7.2.9.13.             Lo Stato non dovrà pertanto accollarsi nuove spese di rilevamento perchè ciò sarà fatto gratuitamente dai cittadini; così il rilevamento del potere d’acquisto del denaro sarà riposto in mani imparziali e completamente sottratto non solo alla politica, ma anche agli stessi ceti consumatori.

3.7.2.9.14.             Del resto, per gli esercenti, la fornitura dei dati, che istituzionalmente sarebbero a carico dello Stato, avrà il suo tornaconto, non rappresentando per loro solo un indiscutibile onere;

3.7.2.9.15.             gli si dimostrerà anzi estremamente utile, nel fornirgli informazioni, di previsione per la chiusura del loro bilancio aziendale, a seguito del mutare delle circostanze di mercato, di valuta e, finalmente, sul potere d’acquisto;e ciò non si verificherà solo in favore dell’iniziativa privata, ma anche per quella pubblica (Imperial Banca).

3.7.2.10.                 La riserva più importante, elevabile a questo procedimento, è che alcune categorie (debitori e creditori), che si attendano un favorevole cambiamento economico da un generale aumento o caduta dei prezzi, e contemporaneamente essendo fornitori dei dati, possano magheggiarli ;

3.7.2.10.1.             cioè, per esempio, che i proprietari terrieri (sempre indebitati) possan tendere a simulare una caduta dell’indice dei prezzi, per invogliare e forzare lo Stato ad innalzarlo con un’aumentata offerta di denaro, che per i debitori si risolverebbe, a tempi brevi, in un comprensibile sollievo.

3.7.2.10.2.             In realtà questo pericolo non è elevato, poiché il singolo sa perfettamente quanto insignificante sia l’influenza dei suoi dati sul risultato finale;

3.7.2.10.3.             quand’anche, per esempio, esso falsamente accusi una perdita di 1.000 marchi su un volume d’affari di 10.000, rispetto ad un fatturato totale tedesco di 50 miliardi, questo dato avrebbe così poco significato, come una goccia d’acqua per il mare.

 

3.7.2.10.4.             (Ovviamente una simile menzogna dovrebbe esser punita come 'falso in atto pubblico', così ognuno dovrà rendersi conto che il gioco non vale la candela.

3.7.2.10.5.             Del resto la maggior parte delle dichiarazioni indicherebbero una tendenza, contribuendo al controllo delle altre: se, ad esempio, la maggior parte dei contadini avesse dichiarato un aumento dei prezzi, chi non l’avesse fatto, cioè i maghi, dovrebbero intuire il rapido sopraggiungere di accurati controlli.

3.7.2.10.6.             Come si può vedere, questo procedimento semplicemente ignora - senza minimamente interessarsene - il problema del cosiddetto 'valore’:

3.7.2.10.7.             del resto, la merce è pagata con merce, e quindi il potere d’acquisto del denaro può essere apprezzato solo ricavandolo dalle transazioni che ha mediato: non esiste alternativa.

3.7.2.10.8.             Per una certa quantità di denaro io ho dato queste merci, e, spendendolo, intendo ricevere l’equivalente, senza nessun riferimento nè al lavoro nè al sudore impegnato nella loro realizzazione:

3.7.2.10.9.             quando il venditore mi dà certa sua produzione per il mio denaro, quanto ci abbia lavorato sopra è - e deve essere - solo un problema suo e non mio, perchè io mi ritrovo in mano non la sua storia, ma solo e soltanto il prodotto, la merce.

3.7.2.10.10.          Pertanto è da respingere il solo salario come unità di misura del prezzo della merce e del conseguente potere d’acquisto della moneta, non commensurabile - come Marx affermò - in termini delle sole ore di lavoro marcate dall’orologio di fabbrica, ed in assenza del positivo contributo apportatogli dai redditi da capitale e fondiari [8]:

3.7.2.10.11.          il potere d’acquisto del denaro è cioè commensurabile solo in termini di produttività del lavoro, in quanto il salario - solo unito a redditi di capitale e fondiari - può esprimere quell’immateriale valore merceologico, che ne consente la misura.

 



[1] Con 'potere d’acquisto del denaro’si intende la quantità di merci che, a titolo di prezzo, deve esser data per lo scambio con l’unità monetaria. N.d.t.: capitolo che riuscirà noioso ed indigesto ai profani della statistica, ma che gli iniziati considererann invece con estremo interesse; premesso che – non conoscendo i lavori dei ricercatori qui citati – non posso dire se G. si sia limitato a divulgare le loro teorie – o abbia dato corpo alle proprie e che le esatte locuzioni, della statistica odierna, gli sono state benevolmente attribuite dalla mia traduzione; tuttavia, stupefacentemente, G. avrebbe tratteggiato PRIMA DI CHIUNQUE ALTRO, con estrema chiarezza d’idee e sufficiente proprietà almeno l’‘indice dei prezzi al consumo per famiglie d’impiegati ed operai’, quello del ‘potere d’acquisto della moneta’, quello della produzione industriale ed arriva perfino (comma 3.7.2.27.2.) a proporre la cosiddetta ‘contingenza salariale’, oltre a fornirne metodi di rilevazione, analoghi, o sorprendentemente vicini, agli odierni!! Roba d’assegnazione – e di corsa ed anche se alla memoria - di un Nobel per l’economia!!

[2] N.d.t.: è una questione di lana caprina perchè sappiamo che i prezzi sono una funzione del denaro circolante; ciò premesso, qualora ci fosse stato così tanto oro (o anche qualora il maggior valore dell’oro rispetto all’argento, moltiplicato per la disponibilità del primo, avesse consentito di sostituire il valore di tutto il circolante d’argento) e poi i ritrovamenti annuali avessero consentito di assecondare il fabbisogno, ovviamente i prezzi non sarebbero aumentati; ma poichè probabilmente neanche in partenza era verificata nessuna delle due condizioni succitate, e la rarità dell’oro non consentiva di coniare quanto necessario all’esigenze di una produzione ancora pre-industriale, ma pur sempre non più artigianale, nell’inconscio collettivo il Gold-standard resterà per sempre associato ad una drammatica caduta dei prezzi, apportatrice di interminabile crisi.

[3] N.d.t.: quest’ultima affermazione era sicuramente, almeno in gran parte, vera; tuttavia è altrettanto indiscutibile che all’eliminazione della moneta d’argento - non accompagnata da una sostituzione della loro quantità con monete d’oro (ancor più difficilmente reperibile dell’argento), equivalente quindi ad una deflazione della circolazione - il sistema economico non poteva che reagire, secondo teoria, diminuendo i prezzi delle merci: in conclusione entrambi i contendenti avevano sia ragione e sia torto e non è quindi esclusivamente vero quanto sostiene G., cioè la ragione solo dei bimetallisti.

[4] la ripercussione delle variazioni di prezzo sulle finanze del creditore e del debitore, del redditiero e dell’operaio, e la sua influenza sulla domanda ed il prezzo delle invero molto differenti merci da costoro comprate resta ininfluente, poiché privo d’importanza per la comprensione del fenomeno.

[5] N.d.t.: Adolf (1814-1892), notissimo economista tedesco, cattedratico, dirigente della Camera di Commercio di Amburgo, nonchè traduttore in tedesco di Mill.

[6] N.d.t.: ‘Geleisetreter hassen die Wissenschaft!’; ‘Geleise’è = binario mentre ‘treter’è= ‘calpestatore’, ‘Wissenschaft’= principalmente ‘scienza’, ma anche ‘innovazione scientifica’autorizzando pienamente la traduzione resa; altra possibile traduzione ‘chi vive di consuetudini è refrattario alle innovazioni, anche se scientifiche’; una sola cosa è certa, cioè che non si deve assolutamente tradurre ‘i calpesta-binari odiano la scienza’!

[7] Questi criticoni, per sopperire alle deplorevoli carenze da loro evidenziate, dovrebbero fornire essi stessi un procedimento alternativo, ma si guardano bene dal farlo, perchè poi dovrebbero sperimentarlo sulla loro favorita valuta aurea, certo non facendole fare bella figura. E’questa la ragione per cui, alle dimostrazioni pratiche essi preferiscono chiacchiere, rassicurando con esse i profani che non attuano una rilevazione solo perchè sarebbe 'dannosa’e ‘pericolosa'.

[8] Si dovrà intelligentemente distinguere, dal prodotto del lavoro, il solo lavoro, che come unità di misura del potere d’acquisto del denaro non può essere adoperato. N.d.t.: l’affermazione corrisponde a verità solo per il potere d’acquisto e solo dal punto di vista ragionieristico, volendo - un po’malevolemente - sia evidenziare l’errore di Marx che accreditare un punto di vista di ‘moderazione politica’; ma la teoria del ‘lavoro umano origine e principio di tutto’non è originaria di Marx, che l’ha mutuata da Ricardo (altro mio idolo), di cui però G. non parla mai, forse ignorandolo: alla resa dei conti, anche gli altri due componenti - che intervengono nella formazione del prodotto di lavoro - cioè i redditi da capitale e fondiari ( immobili, macchinari, attrezzature e mezzi d’opera) sono infatti ancora esprimibili in funzione del lavoro umano (il costo dell’investimento essendo sempre pari alle complessive ore di lavoro per costruire lui e suoi componenti, ed il suo valore locativo un coefficente di redditività (numero puro) moltiplicato per queste ore, per cui è sicuramente ottenibile il risultato ancora in ore di lavoro); il ‘lavoro’è, pertanto e sicuramente un ‘minimo comune multiplo’di tutti e tre, che sono quindi con lui certamente e totalmente commensurabili. A riprova, negli anni 70-80, con la svalutazione annuale italiana tipo Sud-America, per tutelarmi da essa, rifacendomi appunto a Ricardo, applicai simile valutazione per dilazionare i pagamenti degli immobili, costruiti dalla mia impresa, in tot ore di lavoro di operaio dell’edilizia, da pagarsi, ogni anno, al valore medio che avrebbero avuto nell’anno precedente il pagamento (vedi i rogiti Perissinotto e Scardilli dell’epoca); andò bene sia per gli acquirenti che per me, che, a differenza di tanti altri colleghi, riuscii così a mantenere l’impresa in attività: solo un acquirente contestò spudoratamente l’accordo liberamente sottoscritto, ma si trattava di un magistrato di grado abbastanza elevato, che contava - per sua esplicita ammisione - sulla “...... solidarietà dei miei pari grado ed inferiori.............quale collega si metterà a dar torto ad un altro alto magistrato, nonchè suo superiore?”); ne nacque una lunga causa che dimostrò, ancora una volta, la verità del vecchio “Il y a encore des juges à Paris!” (*): sia in primo che secondo grado capitammo con magistrati integri e competenti che - senza minimamente farsi condizionare dal fatto che fosse ‘collega e addirittura superiore’! - mi diedero totalmente ragione, bastonando l’iniquo e spudorato tentativo; [comunque, dalla lettura di quelle sentenze, traspariva un tal compiacimento per quella dilazione (erroneamente ritenuta, dai giudici, marxista, mentre ora anche Voi sapete che è ricardiana), da doverli entrambi ritenere di ‘Magistratura Democratica’.............che sarebbe successo, se invece il procedimento fosse finito in mano a demon-cristiani?!?]. (*) francese = 'Ci sono ancora giudici a Parigi!', frase attribuita ad un carbonaio, la cui casa Luigi XIV voleva espropriare, praticamente senza indennizzo, per demolirla ed ampliare il suo giardino; risulta che i giudici dettero ragione al carbonaio ...........salvo probabilmente finire fucilati da quel despota!