3.6. Per il denaro potere d’acquisto crescente o decrescente[1]?

 

SINTESI: non necessaria, data la brevità del capitolo

 

3.6.1.                         Illustrando il precedente argomento - sicuramente con quell’estensione meritata dalla sua straordinaria importanza - abbiamo dimostrato sia la possibilità di fare banconote d’apposita carta filigranata,

3.6.1.1.                    sia che per esse si potrà ottenere un potere d’acquisto indipendentemente dal valore della carta, ed anche notevolmente maggiore; e ci si potrebbe ora domandare fino a che punto il suo valore facciale possa esser superiore al suo costo di realizzazione,

3.6.1.2.                    cioè, in altre parole, se esistono limiti al rapporto di scambio, di ogni singola banconota, con la merce.

3.6.2.                         Questa è davvero una domanda fondamentale, nonché praticamente l’unica interessante i produttori, generalmente indifferenti alla materia prima del denaro, considerandone, non a torto, il peso solo come un’inutile zavorra.

3.6.2.1.                    Ma la domanda: quanto denaro pretendi per il tuo bestiame e quanto ne offri per i miei utensili - polarizza davvero l’attenzione generale, perchè dalla risposta dipende, in definitiva, l’equilibrio di tutto il lungo ed importante ciclo produttivo,

3.6.2.2.                    dato che, modificandosi il rapporto di scambio merci-denaro, ognuno verrebbe a ricevere, dalla vendita dei suoi prodotti, più o meno a denaro, e, simmetricamente, per la cessione del suo denaro più o meno merce.

3.6.3.                         Sotto questo punto di vista, una variazione del potere d’acquisto del denaro non è per niente indifferente; tratteremo nel seguito il caso microscopico, ma poiché non tutti pagano immediatamente la merce comprata nè sempre tutti riescono a venderla immediatamente,

3.6.3.1.                    poichè quindi è tutt’altro che indifferente, sia per i creditori che per i debitori, se nel transitorio (tra pagamento e vendita) il suo prezzo sia mutato;

3.6.3.2.                    poichè, per entrambi diventa fondamentale la domanda: a quanto dovrò vendere i miei prodotti, tenuto conto sia della spesa iniziale che di interessi ed altri costi commerciali?

3.6.3.3.                    per il momento ci limiteremo a considerare il fenomeno solo dal punto di vista macroscopico, cioè per illustrare la rilevanza delle variazioni dei prezzi nei confronti dell’appartenenza alle categorie creditori o debitori.

3.6.3.4.                    (Vedremo solo nel seguito quanto questo problema dei prezzi, guardato dal punto di vista microscopico, cioè personale e commerciale, contenga decisioni vitali sia per l’interscambio che, conseguentemente, anche per la divisione del lavoro, chiave di volta della nostra economia.)

3.6.4.                         Mentre il passivo di un operatore economico è generalmente costituito di lettere di pegno, obbligazioni, cambiali, affitti, noli, salari, assicurazioni e contributi, tasse ecc.ra., tutte/i configurabili in somme di denaro da pagare a certe scadenze),

3.6.4.1.                    l’attivo consiste generalmente di mezzi d’opera, immobili, bestiame, materie prime ecc.ra - di cui alcune in fase di trasformazione in prodotti finiti (merci) - che l’operatore, per parte sua, dovrà vendere per procacciarsi le somme di denaro con cui pagare le succitate passività.

3.6.4.2.                    Se ora viene a modificarsi il rapporto di scambio merci-denaro, ovviamente dovrà anche aggiornarsi il bilancio.

3.6.4.2.1.                Ad esempio, col frumento a 250 d.m. per tonnellata (prezzo susseguente all’introduzione del dazio), se un proprietario terriero aveva bisogno di un quarto del suo raccolto per pagare interessi e rateo ammortamento suolo (e/o per affitto ) e di un dodicesimo per tutti gli altri costi,

3.6.4.2.2.                complessivamente dovrà impegnare un terzo del suo raccolto, rimanendogli due terzi per sopravvivere; ma se venisse eliminato il dazio, le passività potrebbero anche esigere l’intiero raccolto, causando il fallimento del debitore.

3.6.4.3.                    Se invece i prezzi aumentano, tutto procede a gonfie vele, mentre, per i creditori, la situazione è esattamente ribaltata: essi guadagnano/perdono esattamente tutto ciò che i debitori perdono/guadagnano.

3.6.5.                         Con l’odierno enorme sviluppo dei prestiti (aggirantisi in Germania forse anche a 400 miliardi di d.m., i cui interessi e quote d’ammortamento sono quasi esclusivamente pagati con la vendita di prodotti finiti),

3.6.5.1.                    basta anche solo un piccolo cambiamento dei prezzi, per gravare una classe popolare di miliardi su miliardi (ovviamente a beneficio di un’altra classe.)

3.6.5.1.1.                Insomma, una diminuzione media dei prezzi delle merci dell’1%, quindi una bazzecola per la nostra premiata economia, aggraverebbe i debitori tedeschi sicuramente ben più di quanto i cittadini francesi non lo siano stati per i cinque miliardi di risarcimenti della guerra del 1870-71.

3.6.5.1.2.                Ad esempio, se un contribuente deve pagare, per l'interessi e ammortamento, tasse statali e regionali, dirette ed indirette, 100 d.m. ogni anno, dal rapporto di cambio tra denaro e prodotto del lavoro viene a dipendere se, per questo pagamento, dovrà impegnare 10-20 o 50 giorni di lavoro.

3.6.5.1.3.                Ma allora dobbiamo noi augurarci che i prezzi aumentino, consentendo al debitore di saccheggiare il creditore, o che diminuiscano, per far star meglio i pensionati?

3.6.6.                         Brevemente: se noi offrissimo, non a creditori o debitori, di prender la decisione, se cioè il denaro debba sempre consentire lo sfruttamento di qualcuno, un saggio sicuramente risponderebbe:

3.6.6.1.                    "Nessuno sfrutti!..... e, poi, nell’amministrazione del denaro, ciò, che giovi solo al singolo, non può esser preso in considerazione: il denaro deve essere amministrato per il bene pubblico e non privato!”

3.6.6.2.                     Il denaro dovrebbe, quindi, sempre ed ovunque, conservare lo stesso potere d’acquisto, ciò che si è ieri pagato per le merci, questo ognuno possa riottenere, domani come tra dieci anni:

3.6.6.3.                    il debitore rimborsi quel che ha ricevuto ed il creditore riceva ciò che ha dato, non uno pfennig nè in più nè in meno";

3.6.6.4.                    e questo principio fondamentale si fà talmente capire da solo, da non necessitare di dimostrazione.



[1] N.d.t.: ‘Welchen Preis soll das Geld erzielen?’, letteralmente ‘Qual prezzo deve spuntare (od ottenere) il denaro?’; non ci si faccia ingannare dalla brevità: è uno dei capitoli più essenziali ed importanti per capire il pensiero dell’autore!