3.4. Perchè il denaro può esser fatto di carta.

SINTESI: 3.4.1.i: Anamnesi; 3.4.2.i: Diagnosi

3.4.1. ANAMNESI

3.4.1.1.      La cartamoneta – dice il benpensante – è impossibile, perchè il denaro non può trasferire altro che il suo proprio valore intrinseco, il suo valore di materia prima leggermente incrementato per quello di manifatturazione:

3.4.1.1.1. teoria definitivamente confutata dal semplice fatto che, in tutto il mondo, l’attuale ed enorme scambio di prodotti è invece effettuato quasi esclusivamente con cartamoneta, o con banconote non sempre convertibili in oro.

3.4.1.1.2. Ormai si può viaggiare, intorno al mondo, a qualsiasi latitudine, negoziando nient’altro che cartamoneta e solo eccezionalmente incontrando monete d’oro:

3.4.1.1.3. – per quanto mi risulta – tra i paesi civilizzati Germania, Inghilterra e Turchia sono i soli ad avere ancora una circolazione preponderantemente metallica.[1]

3.4.1.1.4. Mentre in Norvegia, Svezia, Danimarca, Austria, Olanda, Belgio, Svizzera, Russia, Italia, Francia, Spagna, Grecia, Stati Uniti, Canada, Messico, Brasile, Argentina, Paraguai, Cile, Australia, Nuova Zelanda, Indie sia britanniche che olandesi, Giappone –

3.4.1.1.4.1.           cioè quasi nel mondo intero – la transazione, che superi i cosiddetti ‘spiccioli’, è condotto con cartamoneta o banconote [2].

3.4.1.1.5. Chi vuole l’oro deve poi recarsi nella capitale e richiederne la conversione: e se non paga un premio[3], quasi sempre poi gli rifilano l’oro in lingotti!

3.4.1.1.6. Così, nei traffici commerciali di quei paesi, nessuno richiede il pagamento in oro; inoltre in parecchi – come Argentina, Uruguai, Messico ed India - manca anche la possibilità di conversione, non essendo propio previste monete di metallo nobile.

3.4.1.2.      Quando noi tedeschi, invece ad esse abituati, vendiamo contro cambiali-tratte su alcuni di questi paesi, queste ci son pagate con carta-moneta;

3.4.1.2.1. o, se noi protestiamo, con un quantitativo di monete d’argento dalla demonetizzazione delle quali - secondo Helfferich - si otterrebbe, in valore di metallo nobile, forse neanche una metà di quello teorico.

3.4.1.2.2. Tanto per dar l’illusione di non accettare carta in pagamento, alcune di queste banconote, con le loro iscrizioni, promettono, al portatore, una certa quantità d’oro;

3.4.1.2.3. eppure, in netto contrasto con una simile affermazione, a fronte di ogni corrispondente moneta aurea, circolano tre o anche più rubli, rupie o dollari di carta:

3.4.1.2.4. tanto che ben due terzi delle banconote in circolazione non potrebbero essere convertite; quindi evidentemente devono, la loro accettazione, a ragioni diverse dalla promessa di convertibilità.

3.4.1.3.      Ci devono essere, insomma, nel mondo, nella Borsa, nel commercio, in breve ovunque, parecchi buoni incentivi distoglienti il detentore dalla conversione:

3.4.1.3.1. non si potrebbe spiegare altrimenti perchè i creditori (cioè i detentori delle monete) anche per dieci, venti, cento anni, non esercitino i loro diritti contro l’Ente emettitore, salvandole, anche per una generazione, dal macero.

3.4.1.3.2. Presto individuerò l’origine di questo fenomeno, ma per il momento mi basta dimostrarne l’esistenza:

3.4.1.3.2.1.           intendo preparare il lettore sia alla constatazione che in tutti questi paesi, in spregio delle iscrizioni sulle banconote, la reale valuta è di carta e non di metallo,

3.4.1.3.2.2.           sia che, se uno Stato stampa su un pezzo di carta . “Questi son 10 grammi d’oro” è tanto universalmente creduto,

3.4.1.3.2.3.           che una tale ‘promessa di pagamento’, senza impedimenti e magari anche per un decennio, passa di mano in mano, alla pari con l’oro coniato, e di tanto in tanto perfino con aggio su di esso[4];

3.4.1.3.2.4.           mentre, se lo stesso Stato e su analogo frammento di carta, avesse promesso una vacca da latte, potete scommettere che, il giorno dopo, tutti i possessori di tali ‘vilpezzi’si presenterebbero, con tanto di cavezza, per ritirarla!

3.4.1.4.      Allora, se un vilpezzo può, per intiere generazioni, per una sfilza interminabile di persone e nelle più svariate situazioni economiche, rappresentare perfettamente una certa quantità d’oro,

3.4.1.4.1. mentre lo stesso non potrebbe rappresentare per più di ventiquattrore una vacca o qualsiasi altro oggetto d’uso,

3.4.1.4.2. per assolutamente tutte le caratteristiche peculiari prese in considerazione nonchè per tutti gli uomini, ciò sicuramente prova sia che banconote e monete d’oro sono così perfettamente interscambiabili da non suscitare distinzione,

3.4.1.4.3. sia che dischi d’oro, o carta stampata in forma di denaro, possono assicurare a tutti gli uomini gli stessi servizi.

3.4.1.5.      Inoltre, se la promessa di conversione fosse il motivo che trattiene le banconote in circolazione, se esse fossero riguardate esclusivamente come promesse di pagamento,

3.4.1.5.1. se l’emittente fosse debitore mentre creditore il possessore, come avviene per le cambiali,

3.4.1.5.2. allora dovrebbe anche subentrare la consuetudine, per le banche di emissione, di pagare interessi ai loro creditori, cioè ai portatori della banconota,

3.4.1.5.3. dato che, assolutamente senza eccezione, nel nostro ordinamento economico, il debitore deve corrispondere interessi su qualunque titolo di credito[5].

3.4.1.5.4. Tale consuetudine risulta invece disattesa per le banconote, in quanto il debitore – cioè la banca – non deve interessi in favore del creditore,

3.4.1.5.5. talchè le Banche d’Emissione possono considerare questo loro debito (cioè le banconote emesse a termine di legge) come il loro capitale più prezioso.

3.4.1.6.      Devono certo entrare in ballo poderosi incentivi - in favore delle banconote - per enuclearle dalla categoria dei debiti e per produrre un simile sconvolgimento di una consuetudine plurisecolare!

3.4.1.7.      Similmente, se la cartamoneta fosse da riguardarsi come un attestato di debito dello Stato, ugualmente rimarrebbe inspiegabile:

3.4.1.7.1. che sia garantita solo per un terzo

3.4.1.7.2. che, pur non comportando alcun interesse per il possessore, venga talvolta negoziata con un aggio sopra il valore facciale degli altri soliti debiti pubblici,

3.4.1.7.2.1.           anche se questi ultimi non solo fruttano un agio all’acquirente ma anche interessi integralmente garantiti dal governo, a mezzo dei pubblici introiti,

3.4.1.7.2.1.1.       tanto che con 85,5 marchi, ad esempio, di quelle banconote - per cui il portatore accetta di pretendere interesse - attualmente (1911) è acquistabile un titolo da 100 marchi del Prestito Imperiale Tedesco,

3.4.1.7.2.1.2.       che, oltre a tale aggio, poi frutta il 3% d’interesse al possessore.

3.4.1.8.      A seguito di queste constatazioni, nei confronti sia delle banconote che della moneta cartacea, dobbiamo sicuramente escludere che la promessa di conversione (nonchè il 'trasporto di contenuto metallico', cioè la cosiddetta copertura) sia l’origine della loro accettazione,

3.4.1.8.1. invece attribuibile ad un qualche misterioso incentivo, probabilmente d’origine commerciale

3.4.1.8.2. che, come abbiamo visto, non solo riesce a trasformare un ‘pagherò’(cioè la banconota) in 'pronta cassa’(costringendo inoltre il creditore a rinunziare agli interessi),

3.4.1.8.3. ma anche ad assicurarne l’accettazione, come moneta sonante, da parte di tutto il mercato.

3.4.1.9.      Concludendo, sulla base dei surriportati dati di fatto, noi asseriamo, forte e chiaro, non solo che sia possibile emettere denaro di carta,

3.4.1.9.1. ma anche senza più assicurargli nè la conversione nè l’ancoramento ad una particolare merce (l’oro, per esempio), esponendo una semplice iscrizione del tipo:

3.4.1.9.2. “Un tallero” (o marco, scellino, franco, che dir si voglia)

3.4.1.9.3. “Questo vilpezzo è, di per sè, un tallero”

3.4.1.9.4. “Nel commercio, nelle tesorerie dello Stato e nelle Corti di Giustizia, questo vilpezzo costituisce denaro legale per 100 talleri”

3.4.1.9.5. o, secondo me, se non realisticamente certo più onestamente:

3.4.1.9.5.1.           “Chi userà la sfacciataggine di presentare questo vilpezzo alla conversione, verrà subito e potentemente trombato [6];

3.4.1.9.5.2.           mentre evitandolo - ed invece contrattandola, in base alla legge della domanda e dell’offerta, in tutti i mercati, negozi e pubblici uffici del paese - potrà procurarcisi quanto gli serve, in parole povere praticamente tutto!”

 

3.4.1.9.6. Penso di aver così espresso, con chiarezza sufficiente e senza che sia più possibile il minimo dubbio, la comunicazione che – secondo me – dovrebbe esser trasmessa da ogni banconota.

 

3.4.2. DIAGNOSI

 

3.4.2.1.      Ma incominciamo ora ad indagare quali stimoli consentano, a quei vilpezzi, esponenti qualcuna delle succitate iscrizioni:

3.4.2.1.1. di farci fare i salti mortali, lavorando col sudore alla fronte

3.4.2.1.2. di pagare i nostri prodotti, aventi invece valore sia di materia prima che di manifatturazione

3.4.2.1.3. di saldare debiti, cambiali, ipoteche, invece colme di valore reale e duraturo

3.4.2.1.4. di farci piangere, insonni ed agitati, lambiccandoci il cervello per il pagamento di una cambiale in prossima scadenza

3.4.2.1.5. di farci pignorare e di fare bancarotta, precipitandoci nel disonore, se non si possa far fronte al proprio impegno di consegnarli in un dato giorno, ora e posto

3.4.2.1.6. infine di far campare in panciolle, anno dopo anno, non solo senza dover lavorare, ma anche senza perdite patrimoniali, chi li abbia accumulati in qualche luogo, sotto forma di capitale.

3.4.2.2.      Dobbiamo ancora scoprire la misteriosa fonte da cui zampilla questa forza – vitale per ogni impiego e circostanza – del vilpezzo,

3.4.2.2.1. di quella banconota, cioè denaro di carta, il denaro di John LAW[7], corbelleria cellulosica, aborrita dagli economisti nonchè da qualunque sano e schietto istinto commerciale!

3.4.2.2.2. All’origine dei tempi, chi, avendone bisogno o anche solo desiderio non fosse stato capace di costruire da solo l’oggetto delle sue brame,

3.4.2.2.3. per invogliare controparte a cederglielo, doveva proporre uno scambio anche quando questo - come nella divisione del lavoro - per quest’ultima fosse decisamente superfluo:

3.4.2.2.3.1.           infatti, per non darlo gratis, al suo possessore basta solo sapere che il prossimo debba o anche solo voglia averlo; e più pressante sarà il di lui bisogno, maggiormente innalzerà le sue pretese.

3.4.2.2.4. Per consuetudine, dell’oggetto, non era neanche necessario esserne l’artefice, quanto semplicemente il possessore:

3.4.2.2.4.1.           col risultato di far conservare, o trattenere in possesso, un qualcosa per noi non più utile, ma solo nella consapevolezza che lo fosse ancora per terzi!

3.4.2.2.4.2.           E quanto sopradetto sembra, al giorno d’oggi, così naturale, ovvio e scontato, da neanche meritare illustrazione: per quel che so, mi risulta la prima volta che se ne tratta, in un testo d’economia!

3.4.2.3.      Eppure questa è propio una legge fondamentale non solo dell’attuale commercio ma anche di quel sistema economico, di quel ‘contratto sociale’tra gli individui – e tra la collettività e lo Stato – che dà origine a quest’ultimo.

3.4.2.3.1. Una simile ‘scoperta epocale’, pur non meno ovvia e scontata di quella di Newton, della gravitazione universale, come questa per la fisica, è altrettanto fondamentalmente importante per l’economia.

3.4.2.3.2. Con qualsiasi realizzazione od impossessamento di ciò che non ci serva – ma che supponiamo o sappiamo verrà poi cercato da altri – in realtà noi certo abbiamo in mente un solo scopo: ostacolare il prossimo per poi sfruttarne le necessità,

3.4.2.3.3. cioè ‘usura’bella e buona, perchè ostacolare per poi sfruttare le altrui necessità è sicuramente assimilabile all’‘usura’.[8]

3.4.2.4.      Il fatto che tale volontà di sfruttamento sia condivisa e reciproca certo attenua le responsabilità; ma è tuttavia doloroso constatare come non certo l’amore per il prossimo [9], quanto un suo odioso sfruttamento

3.4.2.4.1. - reciproco e condotto con tutte le sottili arti del commercio - rappresenti la struttura portante del nostro sistema economico, dell’intiera organizzazione commerciale nonchè dei rapporti di scambio (prezzi) di tutte le merci.

3.4.2.4.2. Talchè, rimuovendola, verrebbe a crollare la nostra vita economica e/o, per scambiar merci, gli unici metodi alternativi sarebbero o lo spirito di fraternità cristiana o quello del dovere-tribale, cioè la fraternità social-comunista [10].

3.4.2.4.3. Ad illustrare questa sezione son sufficienti i seguenti esempi [11]:

3.4.2.4.3.1.           Perchè, in Germania, gli stabilimenti farmaceutici ottengono 500.000 marchi di giro d’affari da soli 10.000 marchi di materie prime e costi vari?

3.4.2.4.3.1.1.        Perchè i privilegi ad essi accordati dallo Stato consentono loro di ricaricare sulle medicine molto più guadagno di quanto non sarebbe consentito da un regime di libera concorrenza.

3.4.2.4.3.1.2.        questa situazione potrà arrestarsi solo quando verrà riconosciuto che la formazione professionale dei ricercatori e gli elevati costi della ricerca scientifica si scontrano con i prioritari diritti alle cure d’alcuni strati sociali

3.4.2.4.3.1.3.        ed imposto che debbano essere ammortizzati sopra un maggior numero di bilanci patrimoniali annui.[12]

3.4.2.4.3.2.           Perchè, in Germania, aumenta così spesso il prezzo del grano, malgrado gli abbondanti raccolti?

3.4.2.4.3.2.1.        Perchè il dazio sui cereali limita la concorrenza ed allora il coltivatore ben sa che i suoi concittadini non possono evitare di comprare il suo prodotto.

3.4.2.5.      Si dice spesso che i prezzi sarebbero formati dall’ ‘assestamento del mercato’, cioè dalla legge della domanda e dell’offerta,

3.4.2.5.1. così cercando, da una parte, d’escludere le responsabilità personali, dall’altra un capro espiatorio a cui appioppare tutti i risentimenti per l’usura.

3.4.2.5.2.  Ma, senza la presenza dei manipolatori, ci sarebbero gli assestamenti di mercato, la congiuntura, o solo l’offerta e la domanda;

3.4.2.5.2.1.           e, in tal caso, non saranno propio quelli che, strumentalizzando le condizioni del mercato, causano le fluttuazioni di questi?

3.4.2.5.3. Comunque, mano sulla coscienza, tra i manipolatori, ci siamo anche noi tutti, la popolazione intiera,

3.4.2.5.3.1.           perchè chiunque porti qualcosa al mercato è ugualmente animato dallo stesso spirito, cioè d’ottenere quel maggior ricavo, consentitogli dalla situazione.

3.4.2.5.4. (Che ci si senta la coda di paglia è dimostrato dal fatto che - pur essendo ognuno già scusato dalla necessità di reciprocizzare lo sfruttamento – si cerca sempre di personalmente giustificarsi, accusando impersonalmente le condizioni del mercato.)

3.4.2.5.5. Stranamente, secondo K. MARX,[13] non appena si scambi merce contro merce, quindi a parità di ‘valore’, non ci sarebbe più modo di praticare l’usura, venendosi reciprocamente ad annullare le condizioni di necessità;

3.4.2.5.5.1.           quindi, basterebbe barattare per avere la coscienza tranquilla e tranquillamente procedere ad affamare i propri operai e spennare i propri debitori!

3.4.2.5.5.2.           . ....possibile che, in simili casi ed a rigor di logica, gli operatori d’usura, siano solo gli oggetti del baratto: lucido da scarpe, seta, frumento, cuoio, colpevoli di scambiarsi vicendevolmente, ovviamente dopo essersi valutati in base al proprio ‘valore’?!

3.4.2.5.5.3.           (Ovviamente, chi tra noi sia incapace d’afferrare questo cosiddetto ‘valore’, questa misteriosa e spettrale proprietà delle merci

3.4.2.5.5.4.           - considerando invece anche il loro scambio come una doppia transazione, e le merci e la situazione di mercato solo come la causa di essa –

3.4.2.5.5.5.           imperdonabilmente questo deplorevole filisteo antimarxista, da perfetto ignorante, continuerà ad ancora attribuirla al solito desiderio – comune a tutti i proprietari di merci – di dare il meno possibile, ricevendo invece in cambio il più possibile..........

3.4.2.5.5.6.           Come se - in qualunque transazione, dalla negoziazione dei salari alle vendite in blocco, ovviamente passando anche per i baratti –

3.4.2.5.5.7.           tutte le parti precedentemente non si documentino su (e poi non tengano sempre ben presenti) tutte le condizioni del mercato, in particolare se l’acquirente abbia bisogno pressante della merce e lo abbia inavvertitamente dimostrato !)

3.4.2.6.      A giustificazione di un simile generale procedere il fatto che, sfumando i principi dell’usura nel commercio[14], essi diventano difficilmente distinguibile se non per le dimensioni ...........sì, è certo solo il numero delle vittime che li distingue!:

3.4.2.6.1. un usuraio si limita a sfruttare un limitato numero di persone; commercianti ed artigiani un mercato, mentre l’operatore borsistico – che mira in grande – punta invece ad un popolo intiero!

3.4.2.7.      Dato che quest’aspirazione a trarre il maggior ritorno in cambio della minor controprestazione possibile sembra essere la forza che dirige e controlla lo scambio delle merci,

3.4.2.7.1. allora, almeno da parte del suo cedente, il ricorso alla cartamoneta è naturale e comprensibile almeno quanto incomprensibile la sua accettazione da parte del cessionario.

3.4.2.7.2. Però se un vilpezzo – ma che può soddisfare moltissime necessità fisiche e/o spirituali - è in possesso di Müller [15], che non sa che farsene,

3.4.2.7.3. quando Schulz, a cui invece servirebbe, glielo chiede, certamente Müller, consapevole di quanto suesposto, non glielo darà gratuitamente:

3.4.2.7.4. è dunque questa mera circostanza, cioè che ci si possa ottenere in cambio qualcosa, a trasformare subito il vilpezzo in denaro;

3.4.2.7.5. perchè, per il momento, tutto ciò che noi appunto ci aspettiamo da una moneta di carta è che valga tanto più della carta, di cui è fatta,[16] da non poterla cioè ottenere gratuitamente.

3.4.2.7.6. Il denaro, infatti, adempie la sua funzione solo finchè ci sia sempre qualcuno che lo brama, essendo disposto, per raggiungerlo, ad offrire qualcosa in cambio.[17]

3.4.2.8.      Per giustificare la capacità della carta a rappresentare denaro, adesso non ci resta che dimostrare che Schulz può trovarsi davvero nella situazione d’aver bisogno della banconota in possesso di Müller; e non è difficile fornire una tal prova.

3.4.2.8.1. I prodotti della divisione del lavoro[18], cioè le merci, già prima della produzione sono finalizzati allo scambio;

3.4.2.8.2. e ciò significa che essi hanno, per i loro produttori, la stessa caratteristica detenuta dal denaro, di essere – per noi tutti – appunto utile solo per quello scopo:

3.4.2.8.3. è solo la prospettiva di scambiare i suoi prodotti contro altri, che invoglia il produttore ad abbandonare la forma patriarcale di produzione, adottando la divisione del lavoro.

3.4.2.8.4. Ma poichè, senza un qualche mezzo di scambio universalmente accettato, si sarebbe costretti al baratto, che – come noi già sappiamo – avrebbe ostacolato lo sviluppo della divisione del lavoro,

3.4.2.8.5. (ognuno può facilmente immaginarsi da solo quanto esso sarebbe stato disincentivante), per ovviare a ciò, e più facilmente scambiare i propri prodotti, si rese necessario convenirne uno nuovo, il cosiddetto denaro:

3.4.2.8.6. come mezzo di scambio esso è strumento essenziale e premessa potenziante sia la divisione del lavoro che la produzione delle merci, tanto che – a dire il vero – è diventato del tutto indispensabile.

 

3.4.2.9.      Ma, per un mezzo di scambio, appaiono essenziali sia un’unicità la più estesa possibile che la impossibilità (o almeno enorme difficoltà) di produzione,

3.4.2.9.1. perchè una proliferazione (inflazione) farebbe perdere lo scopo voluto, mentre un polimorfismo sarebbe solo ben complicante:

3.4.2.9.2. potremmo infatti schematizzare l’originario baratto propio come un sistema monetario polimorfico, in cui ognuno cioè considerasse denaro il suo solo particolare prodotto; un simile ‘progresso’farebbe quindi ritornare tutti al punto di partenza!

3.4.2.9.3. (Quanto necessaria sia un’uniformazione del denaro è poi stato evidenziato anche dal fatto che, a suo tempo, anche il doppio standard, il cosiddetto ‘bimetallismo’[19] apparve superfluo e fu eliminato.)

3.4.2.9.4. Puntando sull’unificazione, sul Gold-standard, quindi si fece veramente quanto andava fatto; ma poichè la materia prima (oro, ma anche i kauri[20] ecc.ra) - era di reperimento costoso e difficoltoso ma non impossibile,

3.4.2.9.5. e poichè lasciare completa libertà di produzione delle monete avrebbe reintrodotto difficoltà di cambio - come tuttora accade internazionalmente - a causa della circolazione di monete differenti per peso e composizione,

3.4.2.9.6. poichè, in una Società civile, una unificazione non può che essere un intervento statale, dato che spetta appunto allo Stato il compito istituzionale di mediare tra divergenti esigenze,

3.4.2.9.7. con la Signoria[21], legalmente e scientemente imposta, si cercò di disciplinare la produzione quantomeno in sede nazionale, dando il crisma della volontà popolare a quella che era solo una pressante necessità economica:

 

3.4.2.9.7.1.           del resto, nella Società civile, una legge è appunto l’espressione di quella - se non unanime, almeno maggioritaria [22] - volontà popolare che, in precedenza ed in assenza dello Stato (Africa, Asia) ugualmente legittimava, come denaro, un determinato oggetto:

3.4.2.9.7.2.           avvenuto ciò e senza possibilità di dubbio, quel denaro diventava istituzione, se non statale, nazionale indipendentemente dal fatto che fosse metallo coniato, conchiglie-kauri o banconote; in conclusione:

3.4.2.9.7.3.           senza andare contro la suesposta teoria monetaria, è possibile solo la libera produzione della materia prima del denaro perchè non è assolutamente denaro - come ampiamente dimostrato dalla storia dei talleri prussiani:

3.4.2.9.7.4.           infatti come è già accaduto con l’argento, la Signoria stabilita dalla Legge e che attualmente ha scelto l’oro, domani potrebbe accantonarlo.

3.4.2.9.7.4.1.       (Del resto, la libertà d’impresa nella produzione della materia prima del denaro è solo nominale, perchè quasi sempre in realtà, vanificata dalla difficoltà di reperimento di altro oro.)

3.4.2.9.7.5.           nel produrre denaro non è invece ammissibile la libertà d’impresa; ciò è troppo ovvio per richiedere ulteriori chiarimenti, potendosi solo scegliere tra denaro statale od il caos.[23]

3.4.2.10.   Anche la circostanza che, in precedenza ed in molti paesi in via di sviluppo (negli Stati Uniti, per esempio durante il periodo coloniale), sia stato usato, come mezzo di scambio, la polvere da sparo, il sale, il tè, le pellicce, ecc., non contraddice la succitata teoria:

3.4.2.10.1.             in questi casi si trattava di baratto, tanto che il sale, il tè, la polvere, ecc. ricevuti in cambio della produzione pionieristica venivano quasi sempre consumati in famiglia e non rimessi in circolazione;

3.4.2.10.1.1.        infatti, per le loro caratteristiche di essenzialità, venivano consumate, senza mai tornare al porto d’arrivo, tanto da dover essere periodicamente rimpiazzate.

3.4.2.11.   Caratteristica del denaro è invece non avere utilità propria, ma solo quella di mezzo di scambio, tanto da finire sempre e solo riservato per tale funzione senza mai essere consumato.

3.4.2.11.1.             Così il denaro descrive un orbita chiusa, periodicamente ritornando al suo punto di partenza;

3.4.2.11.2.             quindi, per essere considerato tale, il pacco di tè cinese sarebbe dovuto ritornare in Cina, anche se dopo aver pellegrinato per anni nelle colonie americane;

3.4.2.11.3.             similmente un dollaro d’argento, proveniente dal Colorado ma, lungo le rotte commerciali, arrivato in Cina, vi potrebbe, magari, circolare per anni; ma per poi sempre finire di nuovo in Colorado, a pagare lo stipendio di un minatore.

3.4.2.11.4.             Inoltre, allontanandosi man mano dal porto di sbarco, il prezzo del pacco di tè aumentava, inglobando, in ogni suo costo precedente, quelli di ulteriore trasporto, i costi commerciali e gli interessi passivi;

3.4.2.11.5.             invece il summenzionato dollaro potrebbe girare anche dieci volte attorno al mondo e ritornare infine al minatore esattamente per lo stesso prezzo per il quale era stato ceduto inizialmente.

3.4.2.12.   In quasi tutti i paesi s’incontrano poi monete vecchie anche più di cent’anni e passate quindi magari anche per centomila mani senza che mai a nessuno sia venuto in mente di demonetizzarle per il loro contenuto di oro o di argento;

3.4.2.12.1.             (magari da un secolo esse son quindi usate come mezzo di scambio e centomila possessori non hanno avuto bisogno del metallo nobile, tanto che mai hanno cercato d’utilizzarne la materia prima.)

3.4.2.12.2.             Una simile indifferenza del possessore è propio una caratteristica peculiare del denaro;

3.4.2.12.3.             talchè – solo grazie ad essa – la velenosa e verdeossidata moneta di rame, una consumata moneta d’argento e quella splendente d’oro, nonchè la maculata banconota, possono circolare tutte in perfetta parità.

3.4.2.13.   Anche altri oggetti – magari non il succitato pacco di tè, ma sicuramente i gusci dei kauri, usati come denaro nell’interno dell’Africa - hanno avuto molta affinità con il denaro,

3.4.2.13.1.             perchè similmente non vengono consumati e, nei loro riguardi, si è molto più indifferenti di quanto non lo si poteva essere per il tè o la polvere.

3.4.2.13.2.             Così essi non hanno bisogno di essere rimpiazzati e possono circolare continuamente, talvolta anche ritornando al loro punto di partenza, cioè la costa.

3.4.2.13.3.             (Altre volte – è vero - qualche negretta ne snaturerà la funzione per usarli come ornamento, ma senza mai privarli della loro importanza economica:

3.4.2.13.3.1.        dato che tali gusci, non appena passati di moda come ornamento e, se nel frattempo, non siano sostituiti da altro tipo di denaro, potranno infatti sempre tornare ad impersonarlo.)

3.4.2.13.4.             Per diventare completamente un vero e proprio mezzo di scambio – in quanto usabile solamente in tal senso come le nostre monete di rame, nichel, argento, o le nostre banconote –,

3.4.2.13.4.1.        cioè denaro magari non manifatturato ma statale (sempre con la riserva mentale se, in simili condizioni di sottosviluppo, sia usabile l’aggettivazione ‘statale’),

3.4.2.13.4.2.        ai kauri manca solo il monopolio statale della fabbricazione - in un certo senso - sostituito dall’impossibilità di riprodurre, nel centro dell’Africa ed a migliaia di chilometri di distanza, un tipo di conchiglia d’origine tipicamente marina:

3.4.2.13.4.3.        insomma, come ormai l’oro in Europa, i gusci colà possono essere ottenuti solamente a mezzo scambio.

3.4.2.14.   Ora, dato che il denaro è indispensabile alla divisione del lavoro, e quest’ultima all’economia nazionale;

3.4.2.14.1.             dato che lo Stato deve allora assicurarle una moneta nazionale come mezzo di scambio, prodotta o controllata dallo Stato e con circolazione tutelata da speciali leggi,

3.4.2.14.2.             – qualora lo Stato ne producesse solo la forma cartacea – che accoglienza le riserverebbe, il produttore delle merci, non vedendosi offerti in cambio altro che quei vilpezzi?

3.4.2.14.3.             Certo egli potrebbe anche scioperare per un po’, professando la propria fedeltà alla teoria del valore ed inveendo contro quella corbelleria cellulosica!

3.4.2.14.4.             Ma dopo qualche giorno fame, sete e freddo lo avranno reso talmente malleabile, da cedere la sua merce in cambio di quei vilpezzi, stampati dallo Stato, magari anche con qualcuna di quelle scritte irritanti, dei commi 3.4.1.9.5.i.

3.4.2.14.5.             Fame, sete e freddo (a cui aggiungeremo le spese di presenza sul luogo)[24] costringeranno sicuramente chiunque non intenda ritornare alla produzione patriarcale,

3.4.2.14.5.1.        ma continuare a gestire la sua impresa in regime di divisione del lavoro (quindi, al giorno d’oggi, praticamente tutti) ad offrire i propri prodotti contro le banconote stampate dallo Stato;

3.4.2.14.5.2.        conseguentemente, con la loro merce, a creare, per le banconote, una domanda che predisporrà tutti possessori di quei vilpezzi a non cederli gratuitamente, ma ad ottenerci quanto consentito loro dalle condizioni del mercato.

3.4.2.15.   Riassumendo, le banconote posson tranquillamente esser fatte di carta per le seguenti ragioni:

3.4.2.15.1.             Perchè la divisione del lavoro comporta enormi vantaggi, pur creando merci, cioè prodotti utilizzabili solo come mezzo di scambio

3.4.2.15.2.             Perchè ad un certo stadio di sviluppo della divisione del lavoro, senza un mezzo di scambio il baratto diviene frustrante.

3.4.2.15.3.             Perché un mezzo di scambio, per sua propria natura, è solamente possibile come denaro nazionale, meglio ancora se di Stato.

3.4.2.15.4.             Perché lo Stato, secondo la nostra ipotesi non offrirebbe denaro diverso dalle banconote

3.4.2.15.5.             Perché tutti i possessori di merce dovrebbero allora affrontare l’alternativa o di accettare le banconote previste dallo Stato o, altrimenti, di abbandonare la divisione del lavoro.

3.4.2.15.6.             E finalmente perché i possessori di quei vilpezzi, osservando che i produttori di merce sono in difficoltà, per il bisogno di cederla, sapranno certamente farle fruttare.

3.4.2.16.   La prova che il denaro può esser fatto di cellulosa ora sarebbe completamente fornita, e si potrebbe subito procedere col prossimo quesito "quanta merce la banconota potrà, o dovrà ottenere per il suo portatore?”

3.4.2.17.   Ma, se anche i lettori non potranno certamente negare che quanto suesposto sia stato dedotto logicamente, ciò ancora non potrebbe escludere una successiva sconfessione, magari indotta da circostanze o da premesse non ancora previste:

3.4.2.17.1.             l’importanza dell’argomento è allora tale da spronarmi ad un passo indietro per confutare le altrui tesi e tutti i più importanti pregiudizi opponibili all’idea della carta-moneta.

3.4.2.17.2.             Per poter procedere tranquillamente[25], ho infatti bisogno della preventiva e totale fiducia del lettore sull’effettiva realizzabilità sia di denaro di cellulosa,

3.4.2.17.3.             cioè senza materia prima di valore (o senza valore di materia prima), insomma delle banconote con una qualsiasi delle iscrizioni summenzionate.

3.4.2.17.4.             Ciò è condizione necessaria per rimanere in totale sintonia con il mio lettore, perchè, se ciò non si verificasse, se si potesse fare denaro di carta solo a 'Babbo morto’[26], allora tutto ciò che io dirò nel seguito sembrerebbe totalmente insensato.

3.4.2.17.5.              Come già altri, che hanno ugualmente affrontato il problema della carta-moneta, avrei potuto tagliar corto affermando che lo Stato ha tutto il diritto di farsi pagare tasse, multe, ecc. in banconote.

3.4.2.17.6.             Che, conseguentemente, se lo Stato, che vende francobolli, biglietti delle ferrovie, legname delle foreste Statali, sale delle miniere Statali, dazi, decime religiose, spese scolastiche accettasse in pagamento solamente la sua carta-moneta,

3.4.2.17.7.             ognuno la considererebbe, ovviamente, come qualcosa di estremamente utile, rifiutando di privarsene per nulla.

3.4.2.17.7.1.        In altre parole, qualora lo Stato - gran fornitore di servigi - li assicurasse non più contro oro ma contro le sue nuove banconote, già basterebbe questa eventualità a dar loro credito.

3.4.2.17.7.2.         (Con questa spiegazione – tuttavia e come noi, unitamente a tutti i sostenitori delle banconote, stiamo per umilmente riconoscere - saremmo ancora tutt’altro che in sella, ma ancora tentando di montarci:

3.4.2.17.7.3.        perchè il vissuto, l’istinto di chi non sia sia ancora consapevolizzato che il vero punto di forza della cartamoneta è costituito dai surriportati 6 punti (dei commi 3.4.2.15.i), continuerebbe a respingerle.)

3.4.2.17.8.             Prendiamo pertanto il toro per le corna: contro la possibilità della cartamoneta, i metallisti-valoristi pensano d’avere l’asso nella manica', un non trascurabile deterrente, nell’asserzione:

3.4.2.17.8.1.        "la merce può scambiarsi solo con altra merce, poiché nessuno accetterebbe di dare un oggetto utile contro uno inutile."

3.4.2.17.9.             E, per quanto mi consta, questa affermazione - presentando la carta moneta come una specie d’illusorio miraggio e pur certo non riuscendo a totalmente convincere, a far battere in ritirata -

3.4.2.17.9.1.        lo sarebbe abbastanza sia da ostacolare sia da disincentivare l’approfondimento della problematica e l’attuazione pratica;

3.4.2.18.   E’indiscutibile che merce con merce si scambia, ma cos’è esattamente la merce?

3.4.2.18.1.             Risultato della divisione del lavoro, essa è talmente inutile ai suoi approntatori, da potergli servire solo e soltanto come mezzo di scambio, come noi abbiamo già ampiamente dimostrato.

3.4.2.18.2.             Che potrebbe farsene, un proprietario terriero, delle sue 1000 tonnellate di patate, cosa del filo prodotto dal suo milione di spolette il proprietario di una filanda, se non potesse venderli, se il filo non potesse servirgli come mezzo di scambio?

3.4.2.18.3.             Dopo questa definitiva constatazione, l’affermazione del comma 3.4.2.17.8., appare subito parte vera e parte falsa:

3.4.2.18.3.1.        vero solo che 'la merce può scambiarsi solo contro merce'; falsa la seconda asserzione perchè ciò, che viene scambiato, è sicuramente inutile al suo possessore o produttore (significato a rigor di logica implicito nel termine ‘merce’, ben diverso da 'bene di consumo'[27]).

3.4.2.18.3.2.        Allora, per verificare il caso del comma 3.4.2.17.8.1. si dovranno articolare due diverse dimostrazioni: a) che la cartamoneta è, anch’essa, merce ; b) che, fatta eccezione per lo scambio, essa è totalmente inutile per qualunque altro scopo; ed ambedue non son certo difficili.

3.4.2.18.4.             Non è forse quel vilpezzo, indipendentemente dal suo valore monetario, un oggetto assolutamente inutilizzabile, realizzato e finalizzato esclusivamente per lo scambio: che altro ci si potrebbe fare?

3.4.2.18.5.             Ora, non appena avremo dimostrato anche che il denaro è una merce - ed anzi propio la più idonea alla permuta – potremmo apporre il c.d.d.[28] e qualunque altra obbiezione sarà solo sciocchezza!

3.4.2.18.6.             Non desiderando lasciar la minima possibilità di dubbio, noi dobbiamo ora dimostrare non solo che il vilpezzo - spensieratamente stampato magari con quelle provocatorie iscrizioni dei commi 3.4.1.9.5.i. - sia merce, in sè e per sè, possedendone tutte le caratteristiche, nessuna esclusa,

3.4.2.18.6.1.        ma anche, che può garantire lo scambio assolutamente con qualunque altra merce.

3.4.2.18.7.             Tuttavia - apprezzando i vilpezzi solo come merce – commetteremmo un grande errore per difetto, dato che lo Stato ha conferito al ed a personale beneficio del loro possessore, ben altre potenzialità, oggetto di successiva analisi;

3.4.2.18.7.1.        perchè noi intendiamo convincere il lettore a far proprio questo apparente paradosso:

3.4.2.18.8.             ‘Il denaro è la quintessenza, la pietra filosofale, delle merci, il genio della lampada d’Aladino, che tutto può darci, cioè praticamente l’unica merce-oggetto, necessario ed indispensabile.’[29]

3.4.2.18.9.             Per essere riguardato come merce, un oggetto deve possedere le seguenti caratteristiche:

3.4.2.18.9.1.        Deve susisterne richiesta, ovvero deve esserci qualcuno a volerlo o costretto a ottenerlo, e per questa ragione disposto a scambiarlo con altra merce.

3.4.2.18.9.2.        Per essere ricercato ed acquistato, il bene merce deve essere ovviamente utile all’acquirente, che altrimenti non lo vorrebbe.

3.4.2.18.9.2.1.    (Son queste le ragioni per cui pulci, erbacce e puzze,- tutti oggetti non ricercati - non possono esser qualificate merci.)

3.4.2.18.9.3.        Così se un oggetto è utile (ovviamente all’acquirente, non al cedente), e se non può essere ottenuto gratuitamente, sono allora soddisfatte ambedue le condizioni, necessarie e sufficienti a renderlo merce.

3.4.2.18.10.          Ma per la banconota, abbiamo già provato che, la prima condizione è soddisfatta, dimostrando sia che il denaro, in particolare quello dello Stato, è una necessità assoluta a causa della divisione del lavoro;

3.4.2.18.11.          sia che tutti i possessori delle merci, per il fatto di averle in eccesso, son costretti ad offrirle in cambio di denaro, ovvero – se lo Stato non ne prevede altro - di banconote, creandone una domanda.

3.4.2.18.11.1.     Talché, se la Germania demonetizzasse l’oro come ha fatto con l’argento, non appena l’avesse sostituito con le banconote, i proprietari e produttori sicuramente sarebbero costretti ad incurvarsi sotto questo nuovo giogo.

3.4.2.18.11.2.     E, con la loro produzione, tutti – senza eccezione - sarebbero costretti a creare una domanda, per le banconote, dello stesso ordine di grandezza della produzione delle merci alla ricerca di acquirente, rappresentanti, in pratica, l’intiera produzione.

3.4.2.18.12.          La carta-moneta adempie perciò chiaramente alla prima condizione merceologica, come il petrolio, grano, cotone, ferro che, di merce, ne hanno certamente tutte le caratteristiche, essendo tra i più importanti articoli sul mercato,

3.4.2.18.12.1.     (e che invece, malgrado la loro surriconosciuta importanza, dato che sono reperibili, in commercio, parecchi sostituti, non ottengono una domanda così pressante come quella per il denaro, creata, quest’ultima, non da un solo tipo merceologico, ma dalla somma di tutti,

3.4.2.18.12.2.     oltre ad avere, come unica alternativa, solo il ritorno alla produzione patriarcale ed al baratto, evento impossibile finchè fosse vivo quel 90% della popolazione, la sua sopravvivenza è assicurata dalla divisione del lavoro.)

3.4.2.18.12.3.     La causa della domanda di denaro è perciò fornita dall’esistenza stessa delle merci, prodotte da quella divisione del lavoro, non solo loro generosa nutrice ma, quindi, anche fonte inesauribile della domanda di denaro;

3.4.2.18.13.          Ma poichè la necessità di un oggetto può essere spiegata solo dalla sua utilità (nel caso della cartamoneta, non per il precedente possessore - si badi bene - ma per il suo acquirente), si domanda:

 

3.4.2.18.14.          questo vilpezzo, promosso denaro solo dal riconoscimento dello Stato e così diventato monopolista dello scambio, questo biglietto, rettangolare e variegato, davvero sarà un buon servitore?

3.4.2.18.14.1.     ........saprà rendersi utile, questo autentico rottame di carta che però ha consentito, a lavoratori, dottori, maestri di ballo, re e reverendi, di riciclare i loro propri prodotti o prestazioni, rivelatisi loro scontatamente inutili come beni di consumo?

3.4.2.19.   Chiaramente ora non dobbiamo – come si è soliti fare – prendere in considerazione solo l’aspetto fisico del denaro, cioè il vilpezzo in sè e per sè,

3.4.2.19.1.             ma il suo significato di cartamoneta, ACCREDITATA dallo Stato quale unico mezzo di scambio, NON PIÙ CARTA MA ORMAI DENARO:

3.4.2.19.2.             cioè pensare ad un’istituzione protetta dalla Legge, prodotta industrialmente e monopolizzata dallo Stato.

3.4.2.19.3.             (Altrimenti, se noi privassimo la carta-moneta delle sue caratteristiche distintive, ossia di essere l’unico – giuridicamente riconosciuto e praticamente dominante – mezzo di scambio, che ne rimarrebbe se non carta straccia e da macero?

3.4.2.19.3.1.        ......ma ciò non accade forse praticamente a tutto, quando lo si consideri solo come materia prima, separatamente dalla sua utilità d’uso?

3.4.2.19.3.2.        Raschia i colori da un prezioso dipinto, demonetizza col maglio una moneta non preziosa, spezza col martello un calamaio od una zuppiera e che ne resta, se non un rifiuto?

3.4.2.19.3.3.        Considerando una casa come un mucchio di pietre, la corona del re come un pezzo di metallo ed un libro come carta non più utilizzabile,

3.4.2.19.3.4.        pensando sempre e soltanto non al tutto, ma alla sua materia prima, ci salterebbe agli occhi la universale vanità delle cose, vilpezzo compreso;

3.4.2.19.3.5.        ma fortunatamente un pianoforte non è usato come legna da ardere, non una locomotiva come ghisa da fondere, non carta da parati quelle banconote, di cui assolutamente non dobbiamo considerare solo la materia prima, la cellulosa, ma anche la funzione come mezzo di scambio.)

3.4.2.19.4.             Coordinandolo – come è stato fatto con tutti gli altri oggetti – col suo uso istituzionale, il denaro ci apparirà allora non certo vilpezzo ma mezzo di scambio,

3.4.2.19.5.             prodotto sofisticato ed estremamente importante, anzi indispensabile, in quanto trasformabile in qualunque bene di consumo.

3.4.2.19.6.             E, come è ormai consuetudine con tutti gli altri prodotti, quel suo ridottissimo costo di produzione nulla può togliere a così tanta importanza:

3.4.2.19.6.1.        altrimenti ci salterebbe agli occhi come forse, se si dovesse prescindere dal sudore e dal sangue della classe operaia, sia costata ben poco anche la costruzione di quel grande edificio di Berlino, pure valutato parecchi milioni!

3.4.2.19.7.             Insomma, abituandosi a valutare l’insieme del vilpezzo e della sua funzione, cioè di denaro accreditato dallo Stato, non si faticherà a riconoscerlo non solo utile ma propio indispensabile.

3.4.2.19.8.             E senza difficoltà si riconosceranno poi, in lui, tutte le caratteristiche di una merce;

3.4.2.19.8.1.        talchè – con la sua esistenza – l’affermazione, della teoria del valore, che ‘merce può essere comprata solo con merce’, non è per niente contraddetta, ma, in realtà, anzi confermata.

3.4.2.20.   Invece, dandosi il fastidio di ricercare nelle pubblicazioni valutarie sul Gold-standard, si troverà che, ai giorni d’oggi, le monete auree non son esclusivamente considerate come un prodotto finalizzato ad uno scopo ben preciso (mezzo di scambio),

3.4.2.20.1.             ma, grossomodo, come una materia prima per gli scopi dell’industria orafa che, in più ma solo temporaneamente, svolge la funzione di denaro;

3.4.2.20.2.             considerazione del tutto erronea per le seguenti ragioni:

3.4.2.20.2.1.        mentre merce vecchia anche solo di un anno, di regola viene annoverata tra i fondi di magazzino e notevolmente deprezzata negli inventari dei commercianti,

 

3.4.2.20.2.1.1.    all’opposto, in parecchi paesi - ed anche in Germania fino a pochi anni fa - circolano del tutto alla pari monete coniate anche 100 o 200 anni prima.

3.4.2.20.2.2.        se il denaro fosse solo materia prima per gli scopi commerciali, allora ognuno lo comprerebbe, come qualunque altra merce, cioè solo a condizione di poterlo gravare - a scopo speculativo - d’interessi e d’utili accessori.

3.4.2.20.2.2.1.    Si ritorni, per esempio, a quel dollaro del comma 3.4.2.11.3.,e si facciano i conti di quanto avrebbe dovuto esser valutato, dopo il suo ritorno nel Colorado,

3.4.2.20.2.2.2.    se - come per tutte le merci - si fosse dovuto incrementare il suo valore con gli interessi, i costi e margini di guadagno di quel lungo, interminabile viaggio,

3.4.2.20.2.2.3.    ricarichi che immancabilmente sarebbero stati applicati qualora si fosse ogni volta comprato non il dollaro, ma l’argento che lo costituiva ;

3.4.2.20.2.2.4.    mentre, nel caso considerato, nessuno si è aspettato da lui uso diverso dal suo scambio contro beni di consumo.

3.4.2.20.3.             Dunque, anche se il denaro in generale e la cartamoneta in particolare, può essere utilizzato solo per tale scopo, si può, a pieno titolo, considerarlo merce, una di tipo particolare, esaltante al massimo la caratteristica merceologica della trasferibilità:

3.4.2.20.4.             prescindendo solo da quelle destinate alla rivendita, cioè in mano ai commercianti (che le utilizzano in modo analogo al denaro) ci si procura ogni altra merce onde consumarla nella fabbrica, nella cucina, lontano dal mercato:

3.4.2.20.5.             invece il denaro conserva, sempre e soltanto, lo status di merce, dipendendone l’ utilità solo dal suo uso per lo scambio.

3.4.2.20.6.             Per la vendita si appronta merce, ma la si compra per consumo: si vende merce, ma si compra bene di consumo, mentre solo e soltanto il denaro ha una doppia veste,

3.4.2.20.7.             sia di merce che di bene di consumo (ovviamente come mezzo di scambio): è l’unico bene di non-consumo, l’unica merce proteiforme ed indispensabile.

3.4.2.21.   A fronte dei sostenitori del Gold-standard, che accentuano, per il denaro, la condizione di anche materia prima per orafi

3.4.2.21.1.             - ed al cui mulino porta acqua anche Arendt, sostenitore del bimetallismo, quando dice che 'Un marco è la milleetrecentonovantaduesima parte di una libbra d’oro’–

3.4.2.21.2.             quelli della carta-moneta non avrebbero assolutamente nulla da contrapporre, e rimarrebbero a bocca aperta - come fà il gatto quando la pappa è troppo calda:

3.4.2.21.2.1.        possibile che nessuno si sia ancora reso chiaramente conto che il denaro di per sè - assolutamente senza alcun riferimento alla sua materia prima - è un prodotto tra i più utili, anzi indispensabile,

3.4.2.21.2.2.        ritenendosi così obbligati a promettere al portatore, con le iscrizioni sulla cartamoneta, un uso di ripiego (oro, interessi, frumento, terra, prestazioni ecc.ra.),

3.4.2.21.2.3.        mentre la sua vera e rassicurante credenziale è, solo e propio, la facilità di scambio delle merci, da esso resa possibile.

3.4.2.21.3.             La piacevole eccezione, nell’oceano confermante la regola, l’ho trovata solo nell’iscrizione sulla cartamoneta stampata dalla provincia di Buenos Aires nel 1869:

3.4.2.21.3.1.        per la prima volta - per quanto mi risulta - c’era un riconoscimento del vilpezzo (si trattava d’una banconota) come denaro in sè e per sè, senza la promessa di nessun adempimento nei confronti del presentatore.

3.4.2.21.3.2.        L’iscrizione diceva[30]: "La Provincia di Buenos-Aires riconosce questo biglietto per un peso della moneta nazionale. Addì dieci gennaio 1869".

3.4.2.21.3.3.        Non son riuscito a sapere, se questa iscrizione fosse una dimostrazione di raggiunta consapevolezza o più semplicemente una trovata anti- imbarazzo,

3.4.2.21.3.4.        dato che, tuttora, l’iscrizione delle altre cartamonete argentine promettono[31]:

3.4.2.21.3.5.        "La Nazione pagherà al portatore ed a vista, a mezzo della Banca Nazionale, 100 Pesos della moneta nazionale."

3.4.2.21.3.6.        ........da igNobel dell’umorismo, dato che - non essendoci in corso monete di metallo nobile - un 'Peso di moneta nazionale’- non potrebbe che essere il peso della cellulosa del biglietto stesso!

3.4.2.21.3.7.        (a meno che la banca non promettesse al portatore, lo scambio di un biglietto vecchio con un suo fratello nuovo!)

3.4.2.22.   Una proposta periodicamente riaffiorante fino ai nostri giorni, è la seguente:

3.4.2.22.1.             lo Stato appronti banconote in quantità sufficiente ad acquisire la totale proprietà terriera, così risolvendo di colpo la principale questione sociale, e precisamente restituendo al popolo la rendita agraria.

3.4.2.22.2.             La proprietà terriera serva come garanzia delle banconote i cui titolari - come attualmente accade con la riserva aurea per le banconote - si dovrebbero però accontentare solo della sicurezza di quella specie d’ipoteca.

3.4.2.22.3.             (Altrimenti - ma eventualità che non dovrebbe mai succedere, dato che i possessori dovrebbero accontentarsi dell’indubbio servigio resogli dalle banconote come mezzo di scambio -

3.4.2.22.3.1.        potrebbe accadere - come fanno gli orafi - che quando ne hanno bisogno per lavorare, vanno a convertire qualche banconota o squagliano monete.)

3.4.2.22.4.             In questa proposta, terribilmente innovativa per il punto di vista valutario, sembra di nuovo completamente sottovalutato come la mediazione dello scambio-merci sia di per sè vantaggio sufficiente a giustificare l’introduzione della cartamoneta

3.4.2.22.5.             e che, fintantoché essa (la mediazione) ci venga assicurata (del resto è semplicemente necessaria l’assenza di altre forme di denaro), ogni ulteriore gratificazione appaia superflua.

3.4.2.23.   L’estrema difficoltà ad una piena e completa comprensione del concetto di 'denaro’consiste nel fatto che l’utilità, che ce ne aspettiamo, prescinde completamente dalla sua materialità,

3.4.2.23.1.             solo necessaria per renderlo concreto e visibile ai fine del conteggio e del trasporto, che ovviamente esigiamo facili e possibili.[32]

3.4.2.23.2.             Se è molto importante la quantità, il monte-denaro in circolazione, dipendendo da essa la quantità della sua offerta ed, in definitiva, il suo valore,

3.4.2.23.3.             per quanto riguarda le sue altre caratteristiche ci se ne preoccupa talmente poco che, se anche mancassero completamente, nessuno neanche se ne accorgerebbe[33]:

3.4.2.23.4.             certo, a suo tempo, in Germania l’oro non ha soppiantato l’argento, perché per un chilo d'oro si poteva trattare sedici volte più merce che per un chilo d’argento, nè perchè si doveva trasportare sedici volte meno materia prima !

3.4.2.23.4.1.        (anche se il peso, in tasca, era indiscutibilmente sempre una zavorra fastidiosa dato che solo per i beni di consumo vige la preferenza per la diretta proporzionalità, il 'tanto più'='tanto preferibile',

3.4.2.23.4.2.        ma, per la materia prima del denaro vige il 'tanto meno’= 'tanto preferibile', anche per la maggiore rapidità di conteggio.)

3.4.2.23.5.             Insomma: se si compra il miele, perchè è dolce, la birra, perchè inebria, la tara perchè pesa, il metro ed il litro perchè hanno una determinata lunghezza o volume;

3.4.2.23.6.             per il denaro invece - dato che è praticamente una partita di giro quasi immediata - si preferirebbe nessun gusto, nessun peso, nessun volume, totale immaterialità e nient’altro che la capacità di remunerazione di qualunque bisogno personale.

3.4.2.24.   Quanto indifferente il popolo possa essere di fronte alle sue qualità fisiche si può dedurre, al meglio, dal fatto che solo l’uno per mille è in grado di precisare a quanti grammi di oro puro corrisponda il marco in base alla legge; e chi non ci creda, ripeta la ricerca per conto suo!

3.4.2.24.1.             Ci si preoccupa solo che il denaro abbia le minori attrattive fisiche possibili: certo fu per questo che l’umanità, per la scelta della sua materia prima, poco a poco e quasi inconsapevolmente, si diresse sulla sostanza naturale (oro), la più diseredata dalla natura matrigna.

3.4.2.24.1.1.        Come meschino e miserabile è infatti l’oro, paragonato con qualsiasi cosa, anche solo un martello, un libro, un canarino!

3.4.2.24.1.2.        Certo non fu preferito l’oro per il suo colore o per il suo peso, il suo volume specifico, il suo suono, il suo odore, il suo gusto, e neanche per le sue affinità chimiche:

3.4.2.24.1.3.        inossidabile, imputrescibile, indilatabile, insolvibile, irraschiabile, incombustibile, indegradabile ed intagliabile, l’oro è l’inanimato archetipo della morte!

3.4.2.24.2.             Tanto, dalla materia prima del denaro noi non pretendiamo certo prestazioni da protagonista, ma semmai da comparsa; il meno possibile, dato che il popolo se ne frega!

3.4.2.24.3.             Distaccato come il commerciante dinnazi alla sua merce, così ognuno tratta la materia prima del denaro, tanto che, se bastasse l’ombra dell’oro, la si preferirebbe, come è stato dimostrato dall’incontrastata accettazione della cartamoneta.

3.4.2.24.4.             Anzi, tanto più deteriori siano le caratteristiche della materia prima, maggiore preferenza essa otterrà come materiale da conio: queste sono le migliori credenziali della valuta di carta.

3.4.2.25.   Si dice che la predilezione generale per i metalli nobili abbia portato al denaro d’oro e d’argento; ma io sospetto, al contrario, che, più del concorde consenso abbia contato l’indifferenza generale dei produtori di merce.

3.4.2.25.1.             E’infatti sempre più semplice ottenere una convergenza verso la neutralità e l’indifferenza che non su caratteristiche che divergano totalmente dalle nostre aspettative personali.

3.4.2.25.2.             E fra tutti i prodotti naturali, l’oro ha il minor numero di qualità nonchè minima utilizzazione sia nell’industria che in agricoltura; di fronte a nessun’altra materia prima siamo quindi altrettanto indifferenti ed è propio per questo che gli fu facile ottenere l’incarico di denaro [34].

3.4.2.25.3.             L’oro quindi trova uso commerciale esclusivamente nell’industria orafa o come mezzo di scambio, dato che certamente, produttori di merce, fornitori, operai, contadini, artigiani, commercianti, Stato e Tribunale, che momentaneamente lo utilizzano, non hanno certo bisogno di gioielli.

3.4.2.25.4.             Pur generalmente non producendo merci, nè bisognando di mezzi di scambio, nè creando necessità commerciali, le belle ragazze, quelle sì prediligono l’oro (spesso però solamente perché ne è fatto il denaro).......

3.4.2.25.4.1.        ...... sarà comunque meglio non lasciarsi influenzare da loro sulla scelta di ciò che debba impersonare il denaro!

3.4.2.25.4.2.        Non si lasci determinare lo strumento, di gran lunga più importante per i traffici, nonchè condizionante la divisione del lavoro e le Finanze dello Stato, nè da cittadini digiuni d’economia, nè da gnocche imbellettate!

3.4.2.26.   Il ruolo svolto dalla materialità del denaro, si può paragonare piuttosto bene a quello dell’involucro del pallone da calcio, di chi sia, se sia a spicchi o ad esagoni non gliene frega propio niente a nessuno,

3.4.2.26.1.             (ed ancor meno delle altre sue proprietà), purchè rimbalzi e sia disponibile: logoro, sporco, nuovo o vecchio è del tutto indifferente per cominciare la partita.

3.4.2.26.2.             E nè più nè meno succede per il denaro: sia l’averlo che il non averlo, porta ad una continua, instancabile competizione per il suo possesso [35];

3.4.2.26.3.             e sempre non tanto perché si necessiti della palla, cioè del denaro in sè (ancor meno della sua materia prima), quanto per sottrarlo agli altri, perchè con quello si segna e si vince e quindi rappresenta il sacrificio per la vittoria:

3.4.2.26.4.             allo stadio la competizione consiste in calci e lividi, nella bottega in quantità di merci, ma questa è l’unica differenza.

3.4.2.26.5.             E questa mia affermazione finale farà certo ejaculare gli amanti delle spiegazioni a base di brevi ma chiare immagini: il denaro è il pallone dell’economia nazionale [36]!

 

 



[1] Ma da quando fu scritto ciò, nel 1907, anche le ultime monete d’oro son praticamente scomparse dalla circolazione.

[2] N.d.t.: ricordo al lettore la differenza tra i due: la cartamoneta è il vero e proprio denaro fatto di carta, mentre la banconota (o biglietto di banca) è una specie di cambiale con cui la banca emittente s’impegna, alla presentazione, a sostituirla con monete d’oro.

[3] N.d.t.: la cosiddetta ‘signoria’cioè il diritto di frazionamento e coniatura delle monete.

[4] Nel 1916, in Svezia, 105 corone in oro furono ritirate in cambio di una banconota da 100 corone. Tutti i surrogati, cascatici tra capo e collo con la guerra, erano cattivi, costosissimi e di amaro sapore: ma neanche la sostituzione dell’oro con la cartamoneta, ci avrebbe mai potuto impedire di tirare un gran sospiro di sollievo per la pace!

[5] N.d.t.: Anche in Italia, se non è espressamente previsto il prestito gratuito, il debitore deve corrispondere quantomeno l’interesse legale, stabilito con legge anno per anno).

[6] N.d.t.: letteralmente 'riceverà prontamente 100 frustate (promessa di totale insolvenza)'; ma tenuto conto che, ai tempi di G. non si poteva scrivere sboccato, ed anche vista l’affermazione tra parentesi, appare evidente quale fosse il senso, cioè che questa reazione contro l’irriverente cittadino non era una manifestazione di sadismo, ma solo d’irrisione e di scherno per convincerlo che era stato fregato e preso per i fondelli, cioè appunto il significato che noi oggi diamo a quel 'trombare', che pertanto è traduzione propria ed efficacissima!

[7] N.d.T.: (1671-1729), scozzese, figlio d’arte (il padre era banchiere ed orafo), talentaccio per la matematica ed il calcolo delle probabilità (che gli consentì di vincere al gioco cifre favolose), avventuriero, assassino (dato che il cognome significa 'Legge', di lui non si può certo dire 'in nomen, omen !'), protetto dal Reggente di Francia e poi suo ministro delle finanze, potentissimo banchiere poi finito in bancarotta, ma, in ogni caso, figura di grande rilievo e di straordinarie intuizioni, nella storia dell’economia: ha riconosciuto per primo l’importanza della penuria al fine della formazione del valore di scambio, esemplificandolo nel famoso assioma (poi ripreso anche da Smith) "L’acqua, che serve tantissimo, però non ha praticamente valore di scambio, mentre i diamanti, che hanno un elevatissimo valore di scambio, non servono praticamente a niente."; si è reso per primo conto della possibilità di fare denaro di carta, con cui cercò (inizialmente anche riuscendoci) di ritirar su l’economia francese, scarseggiante di monete di metallo nobile; mietè straordinari successi fino al crollo della Compagnia per lo sfruttamento della Luisiana, da lui fondata. Voltaire, che lo conobbe di persona, così lo descrive e critica: "Non lo sento che parlare di milioni: Law non sarà, per caso, un furfante, un ciarlatano, che avvelena anche se stesso con la droga che distribuisce a tutti?"; "Finisce così in malomodo il sistema della cartamoneta, che ha arricchito un migliaio di furfanti, ma impoverando parecchie centinaia di migliaia di galantuomini!"

[8] N.d.t.: l’etimologia italiana d’‘usura’ci sorprende non poco, provenendo dal verbo latino ‘uti’cioè ‘usare’, e così denotando una notevole mancanza di logica, dato che invece la si realizza 'impedendo, ostacolando l’uso'. Il tedesco ha preferito ‘Wucher’da ‘Wucht’= peso, zavorra, nel senso della pietra al collo che l’usuraio ci appioppa, gravame insopportabile che ci impedisce di sopravvivere. Non posso non ricordare Gandhy: "Un oggetto, anche se non ottenuto col furto, è praticamente rubato se non ne hai più bisogno!"

[9] Lo stato di necessità non deve farci pensare solo ed esclusivamente ai mendicanti: vi si potrebbero venire a trovare, qualche volta, anche il plurimiliardario Rockfeller se un surrogato ostacolasse la vendita del petrolio, ed anche un Krupp, se, per l’allargamento delle sue fabbriche, necessitasse del terreno di un contadino confinante.

[10] N.d.t.: G. insomma valuta serenamente il fenomeno, vedendone non solo i contro ma anche i pro: del resto la fisica aveva già dimostrato (2° e 3° principio della termodinamica) che non può esistere una macchina a rendimento positivo; tutti i sistemi (nel nostro caso sia quello produttivo che distributivo- commerciale) hanno quindi rendimento negativo e quindi dovranno consumare più energia di quella che restituiscono; ovviamente un sistema energetico è tanto più buono quanto più il suo rendimento si avvicina all’unità e, in quest’ordine d’idee, occorre evidenziare ai sindacalisti come, ormai e purtroppo, la maggior parte dei lavoratori italiani - considerati isolatamente come sistema energetico - ha uno dei peggiori rendimenti immaginabili, ancora ed addirittura peggiore di quello del sistema giudiziario italiano, generalmente valutato il non plus ultra della negatività!! Fortunatamente poi, nell’economia, subentra il fenomeno - che Smith (La ricchezza delle nazioni), supponendolo, aveva chiamato 'della mano invisibile’- che fà si che nei gruppi di individui, ognuno, facendo il suo interesse, finisce per fare anche quello del gruppo, secondo l’assioma mendevilliano che 'cio che non è utile all’ape non lo è neanche per tutto l’alveare’: in realtà il principio della mano invisibile ovviamente non esiste, ma è solo una manifestazione del principio di conservazione dell’energia che fà si che - una volta introdotto calore nell’alveare - poi ci si scaldano parecchie api e non solo quella che l’aveva portato.

[11] N.d.t.: Ho eliminato il seguente esempio perchè, a mio giudizio insignificante ed inavvicinabile ai successivi, ben più corposi e determinanti: "perchè, alle poste, l’affrancatura d’una lettera è più costosa di quella di un pacco-stampati, ancorchè il servizio reso sia praticamente lo stesso?. Semplicemente perchè il mittente di una lettera ha ragioni urgenti per spedirla, mentre quello del pacco-stampati – se l’affrancatura fosse più costosa – spesso non lo invierebbe. Quindi il mittente della lettera deve pagare un sovraprezzo, malgrado l’identico servizio, perchè si trova sotto una coercizione, da cui invece l’altro è immune."

[12] N.d.t.: considerazione divenuta, al giorno d’oggi, ancor più attuale: si pensi ai milioni di africani che non possono accedere alle medicine anti AIDS perchè le cause farmaceutiche euro-americane ne richiedono cifre spropositate, per ammortizzare più celermente le spese di ricerca e portarsi al più presto in profitto!!

[13] Il Capitale, I pag..3

[14] N.d.t.: non dobbiamo dimenticare che la saggezza greca aveva unificato in Mercurio il protettore sia del commercio che dei ladri, come G. ha rilevato al comma 3.0.2.6.2.

[15] N.d.t.: anche col seguente 'Schulz', no intende individuare una particolare persona: si tratta di nomi in Germania comunissimi, come in Italia 'Rossi’o 'Bianchi'.

[16] N.d.t.: spero di aver così reso, al meglio, un intraducibile Kalauer (cioè gioco di parole) tra le due parole composte ‘Papergeld’= denaro di carta, banconota, e ‘Geldpaper’= carta del denaro; tradurre letteralmente ‘...che il denaro di carta valga più della carta del denaro’, più che un Kalauer mi era sembrato un bisticcio!

[17] Le teorie del valore, sia la borghese che quella socialista, negando la possibilità di 'recupero della remunerazione (in operazione successiva)', – pur con ciò rendendosi totalmente incomprensibili ai lettori - devon continuare a negarla perchè la sua ammissione comporterebbe il riconoscimento della banconota come mezzo di scambio; quest’ultimo, per usare la terminologia di queste teorie, deve rimanere ‘scambio di valori intrinseci’, ‘valore di materia prima’o ‘materia prima di valore’, sicuramente non posseduti da una banconota. Nello scambio, si permuterebbe sempre e solo il valore che una merce ha (valore intrinseco) – questo dicono le suindicate teorie – e poichè il vilpezzo non ha praticamente valore, allora lo scambio è precluso, venendo a mancare sia la contropartita che l’ ‘unità di valore’e quindi la possibilità di ‘misura di esso’: banconote e merci sarebbero grandezze incommensurabili.

[18] Per ‘divisione del lavoro’noi qui intendiamo quella moderna organizzazione che produce oggetti di scambio, in contrapposizione alla produzione primitiva, finalizzata all’autoconsumo. L’altra divisione – consistente nel frazionamento del prodotto del lavoro (merce) tra i partecipanti alla produzione – non deve essere confusa con questa.

[19] N.d.t.: in realtà il bimetallismo fu una necessità dettata dallo sviluppo economico mondiale unita alla impossibilità, per carenza di materia prima, di produrre abbastanza monete di un solo metallo nobile: tuttavia, per la legge di Gresham (vedi nota 11 al capitolo 3.5) non ottenne lo scopo voluto, ma anzi uno del tutto contro producente, perchè tutti finivano per tesaurizzare le monete più garantite (che così sparivano di circolazione) lasciando circolare solo le altre.

[20] N.d.t.: come vedremo poco sotto, si tratta di gusci di conchiglie, nel passato usati come monete da certi popoli centro-africani

[21] N.d.t.: nome tecnico del ‘diritto di coniare moneta’

[22] N.d.t.: traduco, in tal modo impropriamente ‘einmütig’, che, letteralmente, sarebbe = ‘unanime’; ma quando mai avviene o è avvenuto ciò?

[23] Dove si scelgano, come denaro, prodotti naturali, si dovrà ovviamente impedirne la proliferazione industriale, optando per uno tale che (Kauri, oro) non sia reperibile o producibile facilmente.

[24] N.d.t.: per aggiornare alla situazione attuale, traduco così ‘Steuereintreiber’, letteralmente ‘imposta d’accesso’, con una dizione onnicomprensiva di spese alberghiere, ristorazione, nonchè anche dell’eventuale ‘diritto d’occupazione di spazio nel mercato’, tuttora riscosso anche in Italia, anche se, più che altro, dai privati, per i mercatini del sabato e domenica.

[25] a tale proposito io qui, per precauzione, ricordo ancora una volta, che ho finora trattato solo la possibilità di fare banconote di cartamoneta, invece del tutto tralasciando la domanda 'quali vantaggi potrebbe avere un simile denaro nei confronti della moneta metallica'. Ma me ne occuperò in seguito.

[26] N.d.t.: nel testo tedesco ‘Marley tot war’= Marley era morto; con la nota, a Marley, (9):’Vedi Dickens, ‘Storia di una notte di Natale’

[27] N.d.t.: merce: la sua etimologia dal latino merx-mercis è evidente, ma si ignora quella precedente (cioè del termine latino): il Devoto l’attribuisce ad una radice mediterranea non meglio precisata; gli altri etimologisti neanche la considerano; io evidenzio l’assonanza sia con 'mergus'=(germoglio, propagine, escrescenza) sia con 'merere’(=meritare, da cui anche 'meretrix'). ; Avendo integrato i concetti nei commi 3.4.2.19.3.i. ho eliminato il seguente prosieguo: "Tornando all’altro suo assioma "Perchè dare un oggetto utile in cambio di uno inutile?" per caso, non finirà per ritorcerlesi subito anch’esso contro, come è avvenuto con la precedente? Nella prima si parla di ‘merce’, sempre perfettamente inutile per il possessore; nella seconda – si rimarchi la differenza - di ‘oggetto utile’, ma non di ‘bene di consumo’; e, negli esempi superiori l’affermazione diventerebbe ‘potendosi scambiare, ad esempio, le patate contro il filo, ambedue tali oggetti sono utili ai loro proprietari’, attraverso il valore in essi contenuto. Quindi la prima asserzione che "merci posson essere scambiate solamente con merci" diventa una formidabile prova non contro, bensì a favore della cartamoneta e per niente decisiva in favore della teoria del valore. E poi, finchè viene accettato su tutto il circuito nazionale, è forse inutile il denaro?.....e non conterrebbe forse anch’esso valore dato che è istituzionalmente utile per procacciarsi un ‘bene di consumo’?"

[28] N.d.t.: in matematica acronimo di 'come dovevasi dimostrare'.

[29] N.d.t.: Schopenhauer: "Spesso si rimprovera agli uomini di bramare il denaro. Ma è naturale, anzi inevitabile si adori un bene che, infaticabile come un Ercole e multiforme come un Proteo, è sempre pronto a trasformarsi nel nostro oggetto-desiderio del momento. Tutti gli altri beni possono, al massimo soddisfarne uno solo: il cibo la fame, i liquidi la sete, gli abiti il freddo, la donna la foia ..... mentre solo il danaro soddisfa non un, ma il bisogno." E, aggiungo io, di quest’ultimo non est qui non habet (*)! (*) latino proverbiale = 'non c’è chi non ne abbia!'

[30] N.d.t.: Testo originale "La Provincia de Buenos-Ayres reconoce este billete por un peso moneda corriente. 10 Enero de 1869"

[31] N.d.t.: "La Nacion pagara al portador y a la vista y por medio del Banco de la Nacion 100 Pesos moneda nacional."

[32] N.d.t.: sembrandomi assolutamente inutile, ho eliminato il comma 3.4.2.24.2. " Com’altrimenti potrebbe una moneta mantenersi in circolazione anche per 100 anni, come una banconota anche solo per 24 ore?"

[33] N.d.t.: una considerazione del genere mi convinse della possibilità di smaterializzare il denaro nella versione elettronica della icemoney.

[34] N.d.t.: Disse Zarathustra imitando Bierce (*): "Oro: metallo giallo splendente, non solo estremamente duttile e malleabile, ma anche contagiante tali sue proprietà ai burocrati e politici a cui venga offerto." (*) Ambrose, indimenticabile autore di 'Il dizionario del diavolo'.

[35] N.d.t.: Disse Zarathustra: "I soliti infami denigratori, quei cinici che scrutano la luna solo per trovarvi macchie, affermano che tutta l’umanità non si preoccupi d’altro che d’accumular denaro .......invece a me consta che tale fenomeno si verifichi per neanche la metà di essa, essendo infatti tutti gli altri ben lungi dall’idea d’accumulare....... ma, lodevolmente dediti alla matematica, non pensano che a come sottrarlo ai precedenti!"

[36] N.d.t.: di G. ho letto ben altri 'finit’: questo è decisamente incolore; però G. sicuramente non ignorava l’autentica passione dei Tedeschi per il gioco del calcio, successivamente materializzatasi in ben tre campionati del mondo, e certo gli Italiani non sono da meno, neanche per campionati del mondo!!