3.2. Indispensabilità del denaro ma generale indifferenza alla sua materia prima.

 

SINTESI: 3.2.1.i: la divisione del lavoro levatrice del denaro; 3.2.2.i: generale indifferenza alla materia prima del denaro.

 

 

3.2.1. LA DIVISIONE DEL LAVORO LEVATRICE DEL DENARO.

 

3.2.1.1.      Assicurandoci quella nostra produzione, assai maggiore dei consumi, e così liberandoci dalle necessità materiali,

3.2.1.1.1. la divisione del lavoro ci consente di dedicare ogni disponibilità di tempo, risorse ed energia all’ulteriore miglioramento – qualitativo o quantitativo - dei nostri mezzi tecnici,

3.2.1.1.2. talché, senza di quella non saremmo mai pervenuti all’attuale disponibilità di questi e quindi neanche - non dico solo alla decima o centesima ma addirittura - alla millesima parte della nostra produzione.

3.2.1.2.      Alla divisione del lavoro la maggior parte della popolazione deve direttamente la sua possibilità di sopravvivenza: in Germania grossomodo sessanta milioni sui complessivi sessantacinque.

3.2.1.2.1. Ma sua caratteristica distintiva è creare un sì gran numero di beni da largamente eccedere le necessità esistenziali del produttore e quindi di dar luogo a beni-merce,

3.2.1.2.2. cioè cose utili al produttore solamente come mezzi di scambio; tant’è vero che neanche un coltivatore riesce più ad immediatamente utilizzare tutto il prodotto del proprio lavoro;

3.2.1.2.3. tantomeno un calzolaio, un falegname, un generale, un insegnante o un lavoratore giornaliero che però possono venderlo: il calzolaio e il falegname ai loro clienti; l’insegnante ed il generale allo Stato; il lavoratore giornaliero al suo datore di lavoro.

3.2.1.3.      Anche se neanche un sarto potrebbe continuare a lungo ad approntare vestiti non vendendoli, la necessità di vendere è meno pressante per i piccoli produttori che non per gli industriali,

3.2.1.3.1. cui, venendo a mancare la vendita, mancano le risorse per alimentare la produzione.

3.2.1.3.2. Ma poichè, fatta eccezione per gli scambi in natura, le vendite sono effettuate contro denaro, senza di esso viene completamente ad arrestarsi la colossale e complessa macchina della produzione;

3.2.1.3.3.  tanto più che l’esperienza ha dimostrato che, esitare tutte le merci con lo scambio in natura -, anche se non certo impossibile - sarebbe indubbiamente molto più difficile, lungo e complicato:

3.2.1.3.4. tanto per incominciare, per avviare la permuta, si ha bisogno di trovare non solo qualcuno che necessiti del nostro prodotto,

3.2.1.3.5. ma anche dandoci in cambio ciò che invece serve a noi; oltre al fatto che i due tipi di prodotto o siano frazionabili o scambiabili per multipli interi e, in quest’ultimo caso, che ognuno necessiti esattamente di quel quantitativo.

3.2.1.3.6. La permuta, in definitiva, introduce tanti e tali condizionamenti, da costituire per la produzione più un drammatico freno che non certo un incentivo.

3.2.1.3.6.1.           Eppure oggi, quel tentativo di reintrodurre il baratto, già tentato da Proudhon con le sue banche-merci, potrebbe esser validamente svolto, dai moderni ipermercati che, dovendo essere provvisti di tutto, devono anche, evidentemente, comprare di tutto:

3.2.1.3.6.2.           l’unica vera condizione preliminare, necessaria alla permuta, sarebbe pertanto soddisfatta ed, all’interno delle sue mura, la moneta sarebbe facilmente sostituibile con buoni d’acquisto, almeno per tutti coloro che fossero contemporaneamente sia clienti che fornitori.[1]

3.2.1.3.7. Constatato che la permuta o baratto non avrebbe potuto assicurare i volumi di scambio, necessari alla divisione del lavoro, ogni nazione creò il suo denaro,

3.2.1.3.8. cioè una merce contro cui siano vendute assolutamente tutte le altre,

3.2.1.3.9. ma così - lo si noti bene - generandone un fabbisogno (parte assicurato dalla sua rapidità di circolazione) perfettamente corrispondente al valore dell’intiera produzione nazionale, ai nostri giorni in continua espansione.

3.2.1.4.      E gli enormi vantaggi di produzione apportati dalla divisione del lavoro - per cui il denaro è indispensabile - hanno reso, anche se indirettamente, indispensabile anche quest’ultimo: così dove compare la prima, segue a ruota il secondo,

3.2.1.4.1. facendo soggiacere la maggior parte di un’intiera popolazione alla coercizione economica di vendere la sua produzione contro denaro - con la sola eccezione dei piccoli coltivatori, che consumano pressocché tutto ciò che producono-.

 

3.2.2. GENERALE INDIFFERENZA ALLA MATERIA PRIMA DEL DENARO.

 

3.2.2.1.      Quali ne sono le conseguenze? E, per i produttori, il denaro sarà la stessa cosa se d’oro o d’argento - di cui, in Germania e precedentemente, era esclusivamente fatto[2], tanto che tutte le merci venivano vendute in cambio di talleri?-

3.2.2.1.1. Eppure le necessità della produzione sono talmente predominanti che – dopo aver già imposto l’abbandono del baratto - non appena i ritrovamenti d’argento non bastarono ad accompagnare la crescita del mercato, finendo per ostacolarlo, non si esitò ad abbandonarlo,

3.2.2.1.2. o ad affiancarlo con nuovi mezzi di scambio, non necessariamente d’argento: ciò è definitivamente provato dalla nostra esperienza.

3.2.2.2.      Si mise in circolazione anche l’oro, pur se assolutamente nessun contadino per vendere i cavoli, da lui raccolti, onde pagarsi il dentista, realmente necessita d’oro.

3.2.2.2.1. Ma tanto, il materiale, di cui consiste il denaro, per quel generalmente poco tempo, durante il quale lo si detiene, ci rende completamente indifferenti.......ci siam forse mai soffermati a rimirarlo?

3.2.2.2.2. E queste conclusioni sarebber tali da escludere la possibilità della cartamoneta, nel senso che la necessità di offrir merci, in cambio di denaro, verrebbe forse a cessare se noi decidessimo di confezionarlo con cellulosa?

3.2.2.2.3. A fronte di una simile novità la popolazione preferirebbe forse lasciarsi morire di fame, abbandonando la divisione del lavoro, piuttosto che accettare denaro di carta?

3.2.2.3.      La teoria base del gold-standard infatti asserisce che la moneta, per servire come mezzo di scambio, deve avere un valore intrinseco,

3.2.2.3.1. potendosi scambiare solamente quel "valore" che contiene, un po’come i pesi possono essere sollevati solamente da altri pesi.

3.2.2.3.2. Ne conseguirebbe che la cartamoneta non avendo valore intrinseco, non potrebbe esser scambiata con merci, invece provvistene, perchè, anche poca merce, ha pur sempre un valore maggiore di zero.

3.2.2.3.3.  Ma mentre in Gold-standardia così ancora si blatera, zitta zitta, la cartamoneta sta invece invadendo il mondo[3]!

3.2.2.4.      Certo si nega ancora tale realtà, appellandosi a valori trasferiti ed affermando che la cartamoneta, ormai in uso ovunque, è ancora fondata sul Gold-standard, in quanto accettata solo per la promessa di convertibilità;

3.2.2.4.1. che, in sua mancanza, la cartamoneta andrebbe a pezzi come il nido di un passero durante il crollo di una torre;

3.2.2.4.2. che al portatore di carta-moneta, in definitiva, è promesso oro, e sarebbe questa promessa a dar valore alla banconota;

3.2.2.4.3. che il valore dell'oro sarebbe cioè trasferito, alla banconota, dalla promessa di conversione; che la cartamoneta insomma sarebbe una sorta di D.d.t. (documento di trasporto) di un involucro,

3.2.2.4.3.1.           che può essere sì anche venduto come tale, ma che deve ogni suo valore solo ai beni che contiene: a valorizzarlo sarebbe quindi questa specie di valore trasferito.

3.2.2.4.4. Questo è all’incirca tutto ciò che si blatera contro la cartamoneta, affermandoli argomenti talmente definitivi da indurre ogni benpensante a rifiutare, senza eccezioni, quella non convertibile.

3.2.2.5.      (Il problema se la cartamoneta ha vantaggi o svantaggi rispetto alla moneta metallica sarà da noi trattato più tardi, dovendosi precedentemente rispondere a questa domanda:

3.2.2.5.1. può la cellulosa servire come materia prima di coniazione, cioè essere trasformata in denaro indipendentemente dalla sua convertibilità in oro o argento, così circolando e svolgendo le funzioni del mezzo di scambio?)

3.2.2.6.      Ma che sarà mai, questo cosiddetto ‘valore’che – presentato come concetto fondamentale, anche se percepito come insensato - in Germania sbarra il passo alla cartamoneta?

3.2.2.6.1. ….perché in realtà, a pagare la merce, non è il valore della moneta, bensì quello dei beni con essa nuovamente acquistabili !

3.2.2.6.2. Infatti la cartamoneta esiste e circola in molti paesi - talvolta anche senza il sostegno della convertibilità – ed ovunque apportatrice di risparmi milionari per la banca o Stato emettitore.

3.2.2.6.3. E, se – come sostenuto dai teorici del valore – la cartamoneta fosse solo un’allucinazione collettiva, dovrebbero esserlo anche i vantaggi economici ricavatine……..

3.2.2.6.4. Ma saran davvero un miraggio tutti i milioni annualmente risparmiati dall’imperial banca e che le consentono d’ora erogare un dividendo del 7% ai suoi azionisti?

3.2.2.6.5. Almeno come ipotesi di lavoro, ma proviamo, anche solo per un momento, ad invertire i ruoli: allucinazione non sarà, per caso ed invece, la teoria del valore?!



[1] Molta confusione è stata causata, nella nostra letteratura economica, dalla vecchia ed erronea credenza che il buono d’acquisto, sostituendo - entro le mura del grande magazzino che lo abbia emesso - la moneta, sia, in definitiva, ad essa equivalente. Non è così perchè il denaro è una merce autonoma, tanto che il suo prezzo deve essere rideterminato ogni nuova negoziazione; ciò significa che vendendo i suoi prodotti, il percettore di moneta non sa mai quello che, a sua svolta, riceverà successivamente in cambio di essa, determinabile solo con un’altra transazione, generalmente in un secondo momento, in altro posto e con altre persone. Invece, quando i buoni acquisto sono usati in sostituzione del denaro, l’ammontare e qualità della controprestazione vi viene esattamente predeterminato. Questa è la vera permuta, e il buono d’acquisto ha solo una funzione di promemoria contabile, di deposito in conto vendita e non di mezzo di scambio. All’ebanista, per esempio, che apporta le sue sedie in vendita nel grande magazzino, è completamente indifferente se il cappello, che lui intende comprare, sia marcato 5 o 10: all’ebanista interessa solo il rapporto con le sue sedie, egli trasforma tutti i prezzi in sedie. Così, in un Stato socialista, con tutti i prezzi fissati dal Governo, i buoni d’acquisto (crediti) potrebbero sostituire la moneta. Si riceverebbe, per il proprio prodotto, un buono d’acquisto di tot crediti ed un modulo di reclamo indirizzabile, per iscritto, alle commissioni di ricorso - ambedue cose che, nell’economia di mercato, sono sostituite dalla libera trattativa con cui l’interesse decide immediatamente ogni controversia, senza bisogno di adire tribunali, perchè o si perde il cliente o ci si autodisciplina. Proprio in ciò consiste la differenza fra i buoni d’acquisto ed il denaro. La circostanza, che si può produrre sia il denaro che i buoni d’acquisto da qualsiasi materia prima, e che questa non esercita nessuna influenza sui prezzi (almeno finchè la quantità di denaro non abbia inflazionato la sua materia prima) ha frastornato molte menti, facendole notevolmente equivocare sui temi qui trattati. Soprattutto negli ultimi tempi queste false conclusioni hanno di nuovo fatto molte vittime e scavato trappole in cui sono caduti Bendixen, Liefmann, unitamente ai numerosi alunni di Knapp. Gli unici ricercatori, scampati a questa chimera son solo quelli che hanno veramente saputo comprendere l’essenza del denaro (vedi il capitolo precedente).

[2] N.d.t.: tuttora, il termine ‘denaro’in francese (argent) ed in spagnolo (plata) è espresso col nome del metallo.

[3] N.d.t.: evidente reminescenza del sallustiano 'Dum Romae loquitur, Saguntum expugnata est’= 'Mentre a Roma ancora si ciarla, Sagunto è espugnata."