1.13. Come il reddito colonico rappresenti l’origine ed un punto d’accumulazione per ogni altro reddito[1].

 

SINTESI: 1.13.1.i. La grande logicità dell’economia agraria e riparametrizzazione della eterna 'LEGGE DEL SALARIO MINIMO INDISPENSABILE'; 1.13.2.i: Ulteriori considerazioni su detta.

 

1.13.1. GRANDE LOGICITA’DELL’ECONOMIA AGRARIA E RIPARAMETRIZZAZIONE DELLA ETERNA 'LEGGE DEL SALARIO MINIMO INDISPENSABILE'

 

1.13.1.1    Se un possidente potesse ottenere 500 dm. d’affitto annuo per uno jugero, per la conduzione diretta nutrirà ovviamente maggiori aspettative, in mancanza delle quali licenzierebbe il suo subordinato per affittare il suolo.

1.13.1.1.1.            Allora, per il reddito proletario, viene a formarsi una forchetta (cioè un intervallo d’oscillazione) avente come valore inferiore la redditività di uno jugero di liberterra, in patria

1.13.1.1.2.            - perchè, in caso di paga inferiore egli diventerebbe coltivatore diretto od emigrerebbe -;

1.13.1.1.3.            ed invece come valore superiore l’analogo reddito su uno jugero estero (perchè altrimenti il proletario resterebbe coltivatore diretto in patria).

1.13.1.1.4.            (È vero che, per emigrare, il proletario potrebbe spesso esser privo di mezzi propri; ma, pagando quel 4-5% d’interesse, i soldi si trovano sempre;

1.13.1.1.5.            e tanto, anche nel caso di conduzione con capitale proprio, egli deve considerare il suo reddito al netto degli interessi passivi, anche se pagati a se stesso: infatti è profitto di lavoro solo ciò che resta del provento, tolte le spese di produzione e gli interessi.

1.13.1.1.6.            Talché, supponendo il provento agricolo lordo, di un liberjugero tedesco, in 1000 dm., ed in 200 dm. spese della conduzione+ interessi sul capitale iniziale, il reddito proletario sarà circa di 800 dm. annui,

1.13.1.1.7.            ed i grafici di tutti i salari avranno questo valore come comune punto di origine (ossia esso è di accumulazione per tutti).

1.13.1.2.   Infatti ragioniamo: il salario del bracciante non potrebbe elevarsi al di sopra, altrimenti gli emigrati si rifionderebbero in patria come braccianti;

1.13.1.2.1.            nè scendere sensibilmente al di sotto, perchè, in tal caso, i braccianti diventerebbero subito emigranti.

1.13.1.2.2.            Ed ovviamente lo stesso discorso vale anche per il salario minimo (manovale comune) dell’industria: se questo fosse maggiore, i braccianti si trasformerebbero subito in manovali, con quel che segue.

1.13.1.2.3.            (Cioè la produzione agricola, per mancanza di manod’opera, scarseggerebbe e quindi ne salirebbe di prezzo, mentre quella industriale, divenuta eccedente, scenderebbe.

1.13.1.2.3.1.        Da una parte l’aumento, dall’altra la diminuzione creerebbero allora le premesse di un ripristino delle condizioni di equilibrio e del giusto rapporto.

1.13.1.2.3.2.        E questo livellamento accadrebbe rapidamente, in considerazione del grande numero di proletari, che indifferentemente possono dedicarsi alla barbabietolicoltura od a spalare carbone.)

1.13.1.3.   Dopo aver provato che il reddito dello jugero estero determina il massimo del reddito proletario e quello in patria il minimo, ed il reddito proletario agrario poi quello del manovale, enunciamo le conseguenze deducibili:

1.13.1.3.1.            grazie alla libertà di circolazione interna e d’espatrio, l’emigrazione su terre libere è divenuta l’unica risorsa alternativa - opponibile da parte debole a parte forte –

1.13.1.3.2.            alla cui completa mercè altrimenti verrebbbero a trovarsi braccianti ed affittuari, nelle loro contrattazioni economiche con la proprietà.

1.13.1.3.3.            Quest’unica difesa è tuttavia sufficiente a impedire una sensibile compressione dei salari al di sotto del profitto colonico,

1.13.1.3.4.            che così, sostituendo il minimo indispensabile, diventa contemporaneamente il profitto base irrinunziabile e l’origine di ogni generico grafico salariale.

1.13.1.3.5.            I valori maggiori, realmente ottenuti da certi lavoratori, non contraddicono questo principio generale, che solo fissa un criterio base per la fissazione del limite inferiore del reddito operaio, mentre il limite superiore è dovuto alla legge di concorrenza (domanda ed offerta),

1.13.1.3.6.            che lo stabilisce, in modo altrettanto naturale, in base a fondate ragioni e solidi presupposti.[2]

1.13.1.3.7.            Infatti, più un lavoro sia difficile e sgradevole più deve esser alto il salario: deve essere l’attrattiva di compensi (anche se talvolta non economici ma sociali) più elevati a consentire lo svolgimento anche di quello più ingrato.

1.13.1.3.8.            Se quindi un’offerta di lavoro non viene reclamata, la soluzione è mettere le mani al portafoglio e offrire, per quel tipo d’incarico, un compenso sensibilmente maggiore;

1.13.1.3.9.            (quantomeno, per il futuro, ciò già convincerà qualcuno a gravarsi oggi dei costi di quell’istruzione professionale, per far avere domani, ai propri figli, la sicurezza dell’occupazione.)

1.13.1.3.10.         E se ancora non si presenta nessuno, occorre di nuovo aumentare il compenso: e questo accade spesso per tutte le professioni che esigono una speciale formazione scolastica o professionale.

1.13.1.4.   Esattamente il contrario succede invece nei lavori non specializzati, riposanti e gratificanti, tipo pecoraio, guardaoche, custode.

1.13.1.4.1.            Ed è giusto che sia così: se lo stesso compenso dei lavori difficili e faticosi venisse offerto anche per quelli tranquilli e riposanti, per quest’ultimi si presenterebbe tutto il mondo, rifuggendo dai primi, che rimarrebbero scoperti.

1.13.1.4.2.            Pertanto, per un/una guardaoche, è giusto inizialmente prevedere un compenso minimo, salvo aumentarlo se non si presenta nessuno.

1.13.1.5.   Tanto, simmetricamente, se ad un commerciante occorre un alter-ego, un collaboratore che compri e venda come farebbe lui,

1.13.1.5.1.             spesso - onde indurre l’uomo adatto a sobbarcarsi a tutte quelle preoccupazioni della categoria - egli dovrà finire per offrirgli, oltre al salario, addirittura una compartecipazione agli utili.

1.13.1.6.   Comunque, il minimo salariale, su cui convergono assolutamente tutti i grafici, raffiguranti i salari di categoria, è sempre il profitto colonico:

1.13.1.6.1.            esso costituisce le fondamenta su cui poggia l’intiero edificio delle remunerazioni, composto non solo da molti piani intermedi, ma anche da veri e propri preziosi attici;

1.13.1.6.2.            e qualunque oscillazione, di queste fondamenta, si farà allora sentire, di piano in piano - senz’altro fino agli attici[3] - esattamente come uno scuotimento sismico arriva, pian piano, sino al gallo-banderuola del campanile.

 

1.13.2.      ULTERIORI CONSIDERAZIONI SULLA ETERNA 'LEGGE DEL SALARIO MINIMO INDISPENSABILE'[4]

 

1.13.2.1.   Queste nostre considerazioni, in sostanza non contraddicono la validità dell’eterna legge salariale del minimo indispensabile, anzi confermandola

1.13.2.1.1.            sia pure aggiornandone il parametro, a quelle nuove circostanze scaturite dall’abolizione della servitù della gleba.

1.13.2.1.2.            Per di più, coordinando reddito proletario e rendita agraria (e quindi non col capitale) offrono la spiegazione di un fenomeno altrimenti incomprensibile:

1.13.2.1.3.            anche se la ragione ne sarà spiegata solo successivamente (vedi commi 5.8.i.), possiamo anticipare che il premio di liquidità - e conseguentemente il saggio d’interesse - sono grandezze sostanzialmente uguali e costanti.

1.13.2.1.4.            Ora, se - come sostiene Marx - il reddito proletario fosse correlato ai beni strumentali (cioè al puro capitale), essendo questo praticamente costante – e talmente costante da poterlo considerare eterno –

1.13.2.1.5.            verrebbe a mancare la spiegazione delle sempre più frequenti e notevoli oscillazioni, che invece vi si verificano (e fortunatamente più spesso in aumento),

1.13.2.1.6.            dato che la matematica dimostra che il grafico di un’'eterna costante', è una retta e non può essere una funzione a saliscendi.

1.13.2.1.7.            Non avremmo quindi giustificazioni per quel dato empirico, invece frequentemente osservabile non appena la rendita agraria provochi una variazione di quel nostro polo, origine comune dei grafici esprimenti il reddito di lavoro:

1.13.2.1.8.            ed allora dove altrimenti dovremmo ricercare l’epicentro di questi piccoli terremoti, comportanti la ricerca di un nuovo punto di accumulazione ed equilibrio?



[1] N.d.t.: Il quadro romantico ma per niente storico del proletario, affamato ed alla completa mercè del proprietario terriero – che lo aveva fraudolentemente estromesso dalla sua terra – era stato ERRONEAMENTE estrapolato, da Marx e dai socialisti in generale, in quello dell’asservimento, dell’intiera classe proletaria, ai proprietari dei beni strumentali: approfittando della disoccupazione così creata e della condizione di necessità dei primi, quest’ultimi riuscivano ad estorcergli il loro lavoro contro condizioni di pura e semplice sopravvivenza animale. G. invece, che conosce la legge di Say [anche detta ‘degli sbocchi’o ‘dell’inversione della causa efficiente’(cioè già sapendo empiricamente che il consumo produce la, ed è causa dell’offerta, Say sostenne invece per primo che anche l’offerta produce il consumo, e ciò implicitamente negava la possibilità assoluta di disoccupazione, invece relativizzandola ad un prezzo richiesto] ripristina la realtà storica: dopo l’abolizione della medioevale immobilità (servitù della gleba) qualunque volenteroso ha sempre avuto la possibilità di sostentarsi lavorando liberterra (magari in patria di pessima qualità); e, dopo l’assenso incondizionato all’espatrio, chiunque può coltivare liberterra all’estero, questa nel 1800 ancora di qualità eccellente.]

[2] N.d.t.: risolvo così, univocamente, il controverso periodo, che ha messo in sofferenza anche le traduzioni di Pye e G.figlio: anche dal seguito, il senso non poteva essere diverso; ma si vede che di fronte allo spinosissimo problema delle differenziazioni retributive - ricordiamo che per i comunisti, poichè i bisogni umani sono uguali, col suo 'a ciascuno secondo i suoi bisogni', Marx vorrebbe la monoretribuzione-, G. ha preferito ammantarsi con un 'ibis redibis non morieris in bello’(*), che poteva significare ANCHE, ma non solo quanto da me interpretato. La traduzione letterale sarebbe: 'Nè le esistenti forti differenze nei profitti di lavoro contraddicono questa regola generale. Una volta che sia stata effettuata la divisione del prodotto di lavoro fra rendita agraria e lavoratore, così è messo a disposizione quel rimanente, che cioè rimane al lavoratore, in modo del tutto naturale, estraniato l’arbitrio, in base a solidi presupposti. E così la differente paga non è sottoposta propio a nessun arbitrio. Essa segue completamente le leggi della concorrenza e della domanda ed offerta.’(*): la famosa frase 'sibillina', in latino che, a seconda della punteggiatura, inseritaci dal lettore, può significare sia 'andrai, ritornerai, non morirai in guerra’come anche 'andrai, non ritornerai, morirai in guerra'.

[3] N.d.t.: dato che al comma precedente G. non solo è partito coi piani, ma poi finisce anche con il gallo-banderuola di un tetto, continuo coi piani, anche se G. è qui inspiegabilmente passato a 'rami’(in tedesco 'Äste und Zweige’= di ramo in ramo')

[4] N.d.t.: in quest’ultima parte, il testo tedesco è equivoco mettendo in affanno i suoi traduttori. Dopo averlo attentamente considerato, lo ho assestato sensibilmente, per il meglio del lettore, nell’unico senso, a mio giudizio, possibile. Da notare che G, assolutamente non sostiene che il capitale non intervenga nella formazione del profitto colonico (avendo già dimostrato ai commi 1.9.i ed 1.10.i. l’assurdità di una simile tesi), ma solo che non potrebbe farlo oscillare: ad esempio le conseguenze dell’acquisto di un trattore - intervento tipicamente capitalistico e che farà aumentare il profitto colonico - apporterebbero un incremento sistematico. da quel momento in poi, e che non ammetterebbe retrocessioni.